| Le morbide trecce giacciono sparse sul petto pieno di affanno, le mani abbandonate, e il volto pallido imperlato dal sudore della morte, la pia giace, con lo sguardo 5 tremolante cerca la luce.
Nei primi versi Manzoni ricostruisce l'immagine di Ermengarda durante gli ultimi respiri che la separano dalla morte. Ad ella attribuisce l'aggettivo "pia", che fa riferimento all'umiltà e alla semplicità della donna.
Termina il compianto delle suore: unanime si innalza una preghiera: calata sulla gelida fronte, una mano leggera 10 chiude gli occhi sulla pupilla azzurra.
La morte è ormai giunta, e, ora che la speranza è finita, le suore non possono far altro che pregare. Gli occhi azzurri (segno della stirpe longobarda) della donna vengono chiusi da una mano, che metaforicamente rappresenta la mano di Dio.
Libera, o nobile, dall'animo angosciato le passioni terrene, offri un candido pensiero 15 a Dio, e muori: oltre la vita vi è la meta del tuo lungo martirio.
A questo punto il poeta sembra intervenire nell'ultimo atto di consapevolezza della donna prima della morte. Si riconferma ancora una volta la concezione del Manzoni secondo la quale le passioni terrene si rivelano inutili di fronte all'eternità di Dio. Così vorrebbe che Ermengarda morisse liberando il suo animo da tali angosce e che si abbandonasse al raggiungimento di una meta ultraterrena che darà significato al suo martirio.
Questo era l'immodificabile destino sulla terra dell'infelice: 20 di chiedere sempre un oblio che le sarà negato; e ascendere al Dio dei santi, lei santa a causa del suo dolore.
Il destino della donna, quando era in vita, era di non riuscire a dimenticare ciò che era stato causa del suo dolore. Ma proprio grazie a queste sofferenze, di tipo sentimentale, ella può arrivare in Paradiso.
Ahi! nelle notti insonni, 25 per chiostri solitari, tra il canto delle suore, agli altari dove rivolgeva le sue suppliche, gli irrevocabili giorni le tornavano sempre in mente; 30
In questi versi il poeta torna ad un'immagine del passato recente di Ermengarda, ovvero quando ella è rinchiusa in un convento di Brescia in seguito al ripudio. Nonostante lì cerchi di soffocare il ricordo dei giorni felici del matrimonio, riaffiorano ossessivamente in tutti i momenti del giorno e in tutti i luoghi. Inizia poi il flashback dei momenti passati quando ancora era moglie di Carlo Magno.
quando ancora amata da Carlo, senza prevedere un avvenire in cui l'avrebbe ingannata, estasiata respirò l'aria vivificatrice della terra francese, e se ne andò invidiata 35 tra le altre spose francesi:
quando da un piano rialzato, la bionda criniera adorna di gemme, vedeva sotto uomini e cani correre impegnati nella caccia, 40 e sulle redini sciolte del cavallo il re dalle lunghe chiome;
e dietro di lui la furia dei cavalli fumanti per la corsa, e lo sbandare, e il rapido 45 ritornare dei cani ansanti; e dai cespugli frugati uscire il cinghiale spaurito;
e la polvere calpestata rigarsi di sangue, colpito 50 dalla freccia del re: la tenera donna volgeva immediatamente il volto verso le ancelle, pallida di paura.
Oh Mosa errante! oh tiepidi 55 bagni di Aquisgrana! dove, deposta la maglia di ferro, il sovrano guerriero scendeva a lavarsi dal nobile sudore del campo! 60
Questi momenti descrivono scene tipiche della corte medievale: la caccia, e il ritorno del re dalla guerra.
Come rugiada al cespo d'erba secca, fresca ridà la vita negli steli riarsi, che risorgono verdi 65 alla mite temperatura dell'alba;
così al pensiero, sconvolto dalla potenza empia dell'amore, va incontro il refrigerio di una parola amica, 70 e il cuore si dirige verso le placide gioie di un altro amore.
Negli ultimi dieci versi vi è la prima parte di una similitudine in cui il sollievo che porta la rugiada nell'erba secca è paragonato alle parole delle monache, che distolgono Ermengarda dai suoi pensieri e li indirizzano verso l'amore divino. La potenza dell'amore è definita "empia" perché non ha pietà della sua fragilità e la sconvolge.
Ma come il sole che sorge sale sull'erba infuocata, e con la sua vampa continua 75 incendia l'aria immobile, abbatte al suolo i gracili steli appena risorti;
così velocemente dalla breve dimenticanza torna l'immortale 80 amore sopito, e assale l'anima impaurita, e le immagine temporaneamente distolte richiama al noto dolore.
Nella seconda parte della metafora, il ritorno di Ermengarda ai pensieri dolorosi per un attimo messi da parte, è paragonato al ritorno degli steli d'erba allo stato di siccità, a causa del sorgere del sole. La notte dunque, di limitata durata, è assimilata al breve oblio.
Libera, o nobile, dall'animo 85 angosciato le passioni terrene; offri un candido pensiero a Dio, e muori: nel suolo che deve ricoprire la tua giovane spoglia, 90
In questi versi si riprende quanto detto nella terza strofa, e ripropongono il motivo della liberazione dal tormento che è possibile solo nella morte.
dormono altre infelici, consumate dal dolore; spose private dei mariti dalla spada dei nemici, e vergini fidanzate invano madri che videro i figli 95 uccisi impallidire.
Te discesa dalla colpevole stirpe degli oppressori, prodi solo perché numerosi, che conoscevano solo l'offesa, 100 la legge del sangue, e la gloria di non aver pietà,
la provvidenziale sventura ti collocò tra gli oppressi: muori compianta e tranquilla; 105 muori con i Latini. Nessuno insulterà le ceneri prive di colpa.
La sventura provvidenziale è un tema che ricorre anche nei Promessi Sposi; in questo caso consente ad Ermengarda di raggiungere Dio, poiché la sventura l'ha collocata tra gli oppressi.
Muori; e ritrovi la pace la faccia senza vita; 110 come era allora che non poteva prevedere di un avvenire ingannevole, rifletteva solo i pensieri sereni di una vergine. Così dalle nuvole squarciate 115 si libera il sole al tramonto, e, dietro il monte, imporpora con luce tremolante l'occidente: al pio contadino rappresenta un augurio di un giorno più sereno. 120
Quest'ultima strofa riprende il motivo della speranza in un riscatto ultraterreno, in cui il cielo rappresenta una promessa di pace e serenità.
Analisi del testo
• SUCCESSIONE DEI PIANI TEMPORALI: presente (morte) passato recente (monastero) passato lontano (matrimonio) • PERSONAGGIO DI ERMENGARDA: ella è il "doppio" femminile degli Adelchi. La sua fragile anima pura è succube della brutalità del mondo. Ermengarda è la tipica figura romantica della donna angelo, che rivolge le sue passioni ad un amore coniugale, quindi lecito e casto. • IL RICORDO DEL MARITO: nella memoria di Ermengarda le immagini del marito sono legate a scene di violenza e di sangue, proprio perché il suo è un amore impietoso che la sconvolge. • LA MORTE: come per Adelchi, la morte è l'unica soluzione al suo conflitto con la realtà. Ella è ansiosa di trovare nel cielo la liberazione ai suoi tormenti. LA POESIA EPICO-DRAMMATICA: è un'innovazione rispetto alla tradizione poetica italiana. Si fonda sulla costruzione dei personaggi, sull'analisi di "individualità oggettivate", mette in scena conflitti drammatici.
Nei primi versi Manzoni ricostruisce l'immagine di Ermengarda durante gli ultimi respiri che la separano dalla morte. Ad ella attribuisce l'aggettivo "pia", che fa riferimento all'umiltà e alla semplicità della donna. La morte è ormai giunta, e, ora che la speranza è finita, le suore non possono far altro che pregare. Gli occhi azzurri (segno della stirpe longobarda) della donna vengono chiusi da una mano, che metaforicamente rappresenta la mano di Dio. A questo punto il poeta sembra intervenire nell'ultimo atto di consapevolezza della donna prima della morte. Si riconferma ancora una volta la concezione del Manzoni secondo la quale le passioni terrene si rivelano inutili di fronte all'eternità di Dio. Così vorrebbe che Ermengarda morisse liberando il suo animo da tali angosce e che si abbandonasse al raggiungimento di una meta ultraterrena che darà significato al suo martirio. Il destino della donna, quando era in vita, era di non riuscire a dimenticare ciò che era stato causa del suo dolore. Ma proprio grazie a queste sofferenze, di tipo sentimentale, ella può arrivare in Paradiso. In questi versi il poeta torna ad un'immagine del passato recente di Ermengarda, ovvero quando ella è rinchiusa in un convento di Brescia in seguito al ripudio. Nonostante lì cerchi di soffocare il ricordo dei giorni felici del matrimonio, riaffiorano ossessivamente in tutti i momenti del giorno e in tutti i luoghi. Inizia poi il flashback dei momenti passati quando ancora era moglie di Carlo Magno.Questi momenti descrivono scene tipiche della corte medievale: la caccia, e il ritorno del re dalla guerra.Negli ultimi dieci versi vi è la prima parte di una similitudine in cui il sollievo che porta la rugiada nell'erba secca è paragonato alle parole delle monache, che distolgono Ermengarda dai suoi pensieri e li indirizzano verso l'amore divino. La potenza dell'amore è definita "empia" perché non ha pietà della sua fragilità e la sconvolge. Nella seconda parte della metafora, il ritorno di Ermengarda ai pensieri dolorosi per un attimo messi da parte, è paragonato al ritorno degli steli d'erba allo stato di siccità, a causa del sorgere del sole. La notte dunque, di limitata durata, è assimilata al breve oblio. In questi versi si riprende quanto detto nella terza strofa, e ripropongono il motivo della liberazione dal tormento che è possibile solo nella morte. La sventura provvidenziale è un tema che ricorre anche nei Promessi Sposi; in questo caso consente ad Ermengarda di raggiungere Dio, poiché la sventura l'ha collocata tra gli oppressi. Quest'ultima strofa riprende il motivo della speranza in un riscatto ultraterreno, in cui il cielo rappresenta una promessa di pace e serenità.
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