| TURNO E IRIDE, INVIATA DA GIUNONE (9.1-32) Ma mentre queste cose accadono in una parte totalmente diversa, la saturnia Giunone mandò dal cielo Iride all'audace Turno. Casualmente allora Turno sedeva nel bosco nella valle consacrata del padre Pilumno. Ed a lui così la Taumanzia si rivolse con la rosea bocca: 5 "Turno, quello che nessuno degli dei oserebbe promettere a chi lo desidera, ecco il giorno da passare lo offrì spontaneamente. Enea, lasciata la città, i compagni e la flotta, si dirige ai scettri del Palatino ed alla sede di Evandro. E non basta: penetrò nelle estreme città di Corito 10 ed arma un manipolo di Lidi, contadini raccolti. Perché esiti? Ora (è) tempo di cercare cavalli, ora i cocchi. Rompi tutti gli indugi ed assalta gli accampamenti turbati." Disse, e si alzò ad ali congiunte in cielo e nella fuga tagliò un gigantesco arco sotto le nubi. 15 (La) riconobbe il giovane e levò entrambe le palme alle stelle ed inseguì la fuggente con tale frase: "Iride, splendore del cielo, chi a me ti spinse inviata dalle nubi nelle terre? Donde questa occasione così splendida improvvisamente? Vedo aprirsi il mezzo del cielo 20 e le stelle vaganti nel polo. Seguo sì grandi auguri, chiunque (tu sia che) chiami alle armi." Così espressosi s'avvicinò all'onda e bevve le acque sulla cima del gorgo molto pregando gli dei, e riempì il cielo di voti. E già tutto l'esercito marciava nella piane aperte 25 ricco di cavalli, ricco di vestiario dipinto e d'oro; Mssapo le prime schiere, i giovani tirridi guidano la retroguardia, a capo a metà dell'esercito, Turno: [si volge tenendo le armi ed è sopra con tutta la testa] come il Gange sorgendo alto, sedati i sette corsi 30 nella quiete o il Nilo con ricco afflusso quando rifluisce dalle piane e si è nascosto nell'alveo.
I RUTULI NEGLI ACCAMPAMENTI DEI TEUCRI (9.33-76) Qui i Teucri vedono addensarsi una nube improvvisa di nera polvere e le tenebre sorgere dalle pianure. Per primo dalla torre di fronte Caico grida: 35 " Che gruppo, cittadini, si volge nella nera caligine? Veloci portate il ferro, date le armi, scalete le mura, il nemico è presente, orsù." Con grande clamore per tutte le porte i Teucri si accalcano e riempiono i bastioni. Così infatti partendo aveva ordinato l'ottimo in armi 40 Enea: se frattanto vi fosse stata qualche situazione, né osassero attaccare battaglia né affidarsi al campo aperto; solo tenessero l'accampamento ed le mura sicure col vallo. Perciò anche se ira e vergogna mostra di venir alle mani, oppongono tuttavia le porte ed eseguono gli ordini, 45 ed armati aspettano nelle cave torri il nemico. Turno, come volando davanti aveva preceduto il lento esercito, accompagnato da venti scelti tra i cavalieri ed arriva improvviso alla città, e lo porta un cavallo tracio con bianche macchie e lo copre un elmo d'oro con cresta rossa, 50 "Chi sarà mai con me, giovani, che per primo contro il nemico…? Ecco," disse e vibrando un giavellotto lo scaglia in aria, principio di scontro, e si getta alto sul campo. I compagni raccolgono il grido e lo seguono con fremito con suono spaventoso; si meravigliano degli inerti cuori dei Teucri, 55 che non si danno ad uguale campo, che uomini non muovano contro le armi, ma che s'annidano in casa. Qua e laà torbido perlustra a cavallo le mura cerca un ingresso nell'imposibile. E come quando un lupo insidiando un ovile pieno freme ai varchi sopportando i venti e le piogge 60 nel mezzo della notte; gli agnelli sicuri sotto le madri mandano un belato, egli crudele e malvagio infuria con ira contro gli assenti; lo tormenta la rabbia di mangiare accumulata da tempo e le fauci secche di sangue: non diversamente s'infiammano le ire al Rutulo che guarda 65 mura e campo, il dolore arde nelle dure ossa. Con quale tattica tenti i varchi e quale via scuota i Teucri chiusi nel vallo e li spinga nel piano? La flotta, che unita ad un lato dell'acampamento era nascosta, circondata dagli argini e dalle onde del fiume, 70 l'assale e chiede ai compagni festanti gli incendi e furioso riempie la mano di pino bruciante. Allora proprio incalzano, li sprona la presenza di Turno, tutta la gioventù si munisce di nere fiaccole. Saccheggiarono i fuochi: la torcia fumosa offre luce di pece e Vulcano (porta) la congiunta favilla alle stelle.
LE NAVI TROIANE TRAMUTATE (9.77-125) Quale Dio, o Muse, ha allontanato dai Teucri così crudeli incendi? Chi cacciò così grandi fuochi dalle navi? Dite: antica la fede per il fatto, ma la fama perenne. Nel tempo in cui all'inizio Enea formava la flotta sull'Ida 80 di Frigia e si preparava a dirigersi nell'alto del mare, si narra che la stessa Berecinzia madre degli dei con queste frasi si rivolse al grande Giove: "Da', figlio, a me chelo chiedo, quello che la tua cara madre ti chiede, domato l'Olimpo. Io ebbi una amata selva di pini per molti anni, 85 un bosco sulla sommità della vetta, dove portavano cose sacre, ombroso di nereggiante resinoso (abete) e tronchi di acero. Io le diedi lieta al giovene Dardanio, avendo bisogno di flotta; ora mi angustia, preoccupata, un ansioso timore. Sciogli le paure e permetti che la madre possa questo con preghiere, sconnesse da nessuna rotta, non siano vinte da tempesta di vento: serva esser nate sui nostri monti." Il figlio a lei in risposta, lui che fa girare le stelle del mondo: "O madre, dove chiami i fati? O cosa chiedi con questo? Che carene fatte da mano mortale abbiano 95 fato immortale? Ed Enea, certo, veda incerti pericoli? A quele dio è permesso talepotere? Orbene, quando assolto il compito un giorno terranno i porti ausoni, quella che sarà scampata dalle onde ed avrà portato il capo dardanio ai campi di Laurento, 100 toglierò la forma mortale e comanderò che siano del grande mare, come la nereide Doto e Galatea solchino col petto il mare spumeggiante." Aveva detto e confermò la decisione per i fiumi del fratello stigio, per i torrenti di pece e le rive dalla nera voragine, 105 e col cenno fece tremare tutto l'Olimpo. Dunque giungeva il giorno promesso e le Parche avevan adempiuto i tempi dovuti, quando l'affronto di Turno avvertì la Madre di scacciare le torce dalle sacre navi. Allora prima una nuova luce brillò agli occhi ed una grande 110 nube parve percorrere il cielo dall'Aurora ed i cori dell'Ida; poi una voce orreda cade per l'aria e riempie le schiere di Troiani e Rutuli: " Non preoccupatevi, Teucri, di difendere le mie navi e non armate le mani; sarà dato aturno di bruciare prima 115 i mari che i sacri pini. Voi andate sciolte, andate dee del mare, lo comanda la madre." Subito le poppe rompono le catene dalle rive e alla maniera dei delfini, sommersi i rostri, si volgono nelle profondità delle acque. Di qui, mirabile prodigio, 120 [quante prore bronzee prima s'eran trovate sui lidi] si offrono altrettanti volti di fanciulle e si portan nel mare. I Rutuli stupirono in cuore, atterrito lo stesso Messapo sui cavalli spaventati, tentenna ed il fiume Tiberino rimbombando raucamente e trattiene il piede dal largo. 125
LA FIDUCIA DELL'AUDACE TURNO (9.126-175) Ma la fiducia non cessòper l'audace Turno; di più sollevagli animi e con parole incita di più: "Questi prodigi riguardano i Troiani, ad essi lo stesso Giove ha tolto il solito aiuto: armi e fuochi non aspettano i Rutuli. Dunque mari impraticabili per i Teucri, 130 e nessuna speranza di fuga: la seconda parte di forze fu tolta, ma la terra nelle nostre mani, tante genti itale, migliaia, prendono le armi. Per nulla mi atterriscono i fatali responsi degli dei, se alcuni i Frigi ne vantano per sé; abbastanza fu dato ai fati ed a Venere, perché i Troiani 135 han toccato i campi della fatale Ausonia. Anch'io ho i mei fati, distruggere col ferro una gente scellerata, rapitami la sposa; e questo dolore non tocca i soli Atridi, ad alla sola Micene è lecito prendere le armi. "Ma è sufficiente esser morti una volta": sarebbe dovuto esser 140 sufficiente mancare prima, non solo odiando profondamente tutta la razza femminile. Ad essi questa fiducia del vallo di mezzo egli ostacoli delle fosse, piccoli ripari di morte, danno sicurezze; ma non han visto le mura di Troia costruite dalla mano di Nettuno crollare tra i fuochi? 145 Ma voi, o scelti, chi si prepara a tagliare il vallo col ferro e con me invade gli accampamenti trepidanti? Per me non delle armi di Vulcano, non di mille carene c'è bisogno contro i Teucri. Si associno proprio tutti gli Etrusci come alleati. Non temano le tenebre 150 ed i timidi furti del Palladio, uccise attorno le guardie della rocca, né ci nasconderemo nella cieca pancia d'un cavallo: alla luce apertamente è certo circondare le mura di fuoco. Farò che sentano che la cosa non è con Danai e gioventù pelasga, ed Ettore li trattenne fino al decimo anno. 155 Ora dunque, poiché è passata la parte migliore del giorno, per quel che resta, lieti delle belle imprese curate i corpi, eroi, e sperate si prepari la lotta." Intanto con turni di guardie è dato incarico a Messapo di assediare le porte e gingere le mura di fiamme. 160 Sono scelti due volte sette Rutuli che con una guarnigione controllino i muri, ma li seguono ognuno in cento giovani purpurei di creste e brillanti d'oro. Caracollano e cambiano i turni, e sdraiati nell'erba si danno al vino e vuotano coppe di bronzo. 165 Rufulgono i fuochi, la guardia passa la notte insonne nel gioco. I Troiani dall'alto dal vallo osservano queste cose e in armi tengon gli spalti, e trepidi di terrore esplorano le porte ed uniscono ponti e baluardi, 170 portano armi. Sorvegliano Mnesteo ed il forte Seresto, che il padre Enea, se mai le avversità lo richiedessero, chiamò ad essere capi dei giovani e guide delle cose. Per tutti i muri una legione spartendosi il pericolo veglia e fa i turni su quello che ognuno deve difendere. 175
EURIALO E NISO (9.176-223) Niso era custode ad una porta, fortissimo in armi, figlio di Irtaco, che l'Ida ricca di caccia aveva inviato come compagno di Enea, veloce nel lancio e nelle frecce leggere, e vicino il compagno Eurialo, di cui un altro più bello non ci fu tra gli Eneadi né vestì armi troiane, 180 ragazzo che segnava guance intonse della prima giovinezza. Essi avevano un unico amore ed insieme si gettavan nelle mischie; pure allora custodivano la porta con guardia comune. Niso disse: "Gli dei forse aggiungono ardore ai cuori, Eurialo, o la propria terribile passione diventa per ciascuno un dio? 185 o il cuore mi agita lo scontro o a tentare da tempo qualcosa di grande, e non è contento della placida quiete. Vedi quale fiducia degli eventi tenga i Rutuli: le luci brillano rare, sciolti nel sonno e nel vino si son sdraiati, attorno i luoghi tacciono. Senti dunque 190 su cosa io esiti e male idea ora sorga nell'animo. Tutti chiedono, popolo ed anziani, che si richiami Enea, che si mandino uomini che riveriscano la realtà. Se promettono quello che richiedo per te, per me è bastante la fama del fatto, mi sembra di poter trovare sotto quella 195 altura la via alle mura ed ai bastioni pallantei." Stupì colpito dal grande amore di lodi Eurialo, subito così risponde all'amico ardente: " Me forse rifiuti di unire come compagno in situazioni estreme, Niso? Te solo manderò a così grandi pericoli? 200 Non così mi educò il padre, Ofelte abituato alle guerre, allevatomi tra il terrore degli Argolici e gli affanni di Troia, né con te feci tali cose seguendo il magnanimo Enea e fati estremi: cè qui, c'è un cuore disprezzatore della luce e che crede 205 si compri bene con la vita questo onore, cui tendi." Niso in risposta: " Certamente niente di simile temevo di te, né è possibile, no; così mi restituisca festante a te il gran Giove o chiunque guardi queste cose con occhi giusti. Ma se uno (quante cose vedi in tale frangente) 210 se uno o un caso o un dio, portasse all'avversità, vorrei che tu sopravvivessi, la tua età (è) più degna di vita. Ci sarebbe chi affidi alla terra me colpito in uno scontro o riscattato con somme, o se la solita Fortuna lo vieterà, faccia le esequie all'assente e lo onori del sepolcro. 215 Che non sia io causa di così garnde dolore alla misera madre, che unica, ragazzo, tra molte madri osandolo segue te, né bada alle mura del grande Aceste." Ma lui: " Invano macchini inutili cause né la mia idea ormai, cambiata di posizione, si ritrae. 220 Affrettiamoci", disse. Subilo sveglia le gurdie. Essi subentrano e mantengono i turni; lasciata la guardia egli come compagno di Niso avanza e cercano il re.
IL CONSIGLIO DEI CAPI TROIANI (9.224-313) Gli altri viventi per le tutte terre col sonno sollevavano gli affani ed i cuori dimentichi delle fatiche: 225 ma i primi capi dei Teucri, gioventù scelta, avevano il consiglio sui massimi affari del regno, cosa fare o chi ormai fosse messaggero ad Enea. Stanno appoggiati alle lunghe lance e tenendo gli scudi nel mezzo dell'accampamento e della piana. Allora Niso 230 ed insieme Eurialo chiedono veloci di esser ammessi subito: ci sarebbe un affare importante ed il valore dell'indugio. Per primo Iulo ricevette i trepidanti e comandò a Niso di parlare. Allora così l'Irtacide: "Ascoltate, o Eneadi, con giuste attenzioni, perché le cose che riferiamo non siano giudicate 235 dai nostri anni. I Rutuli sciolti dal sonno e dal vino hanno taciuto. Noi stessi abbiam perlustrato un luogo per insidie, che si apre nel bivio della porta, quella vicina al mare. Si son interrotti i fuochi ed un anero fumo si leva alle stelle. Se permettete che si usi la fortuna 240 per cercare Enea e le mura pallantee, presto ci vedrete qui presentarci con le sploglie, compiuta un'immensa strage. Ne ci dfugge la via per andare: abbiam visto l'inizio della città nelle ombrose valli e con la caccia frequente abbiam conosciuto tutto il fiume." 245 Allora Alete grave e maturo di coraggio: "Dei patrii, sotto la cui protezione Troia è sempre, non vi preparate certamente a cancellare i Teucri del tutto, poiché allevaste tali animi di giovani e cuori così sicuri.." Così commentando teneva le spalle e le destre 250 di entrambi e rigava il volto e le guance di lacrime. "Quali per voi, quali degni premi, o eroi, penserei si possan pagare in cambio di queste glorie? Anzitutto gli dei ed i vostri caratteri li daranno bellissimi: i restanti poi li renderà presto il pio Enea ed Ascanio integro di età 255 non immemore mai di così gran merito." "Anzi vi giuro io, cui sola salvezza (è), che sia tornato il padre, riprende Ascanio, per i grandi penati, Niso, il lare di Assaraco ed i penetrali della bianca Vesta, quanta sia per me la fortuna e la fiducia, 260 le ripongo nei vostri petti. Richiamate il padre, restituitene la presenza; nulla di triste se lui sia tornato. Darò doppie tazze fatte d'argento e cariche di ceselli, che il padre prese, vinta Arisba, e due tripodi, due grossi talenti d'oro, 265 un antico cratere che regala la sidonia Didone. Se poi vincitore mi capiterà di prendere l'Italia e di impadronirmi degli scettri e decidere la sorte della preda avete visto con quale cavallo, con quali armi Turno avanza d'oro; eccettuerò dalla sorte quello stesso, lo scudo e 270 le creste rosseggianti, già ora tuoi premi, Niso. Inoltre il padre darà due volte sei corpi sceltissimi di madri e prigionieri e per ognuno le sue armi, oltre a questi quella parte di piana che ha lo stesso re Latino. Te invece, che la mia età segue di tempi più vicini, 275 straordinario ragazzo, ti accolgo con tutto il cuore e ti abbraccio come compagno per tutti gli eventi. Nessuna gloria si cercherà per le mie gesta senza di te: Sia che faccia le guerre che la pace, per te la massima lealtà di azioni e parole." Ed a lui in risposta dice 280 Eurialo: " Nessun giorno mi accusi dissimile da tanto forti imprese; la fortuna cada tanto propizia o avversa. Ma sopra tutti i doni ti chiedo una cosa aola: io ho una vecchia madre della strirpe di Priamo, ma la terra ilia non trattenne la misera 285 che partiva con me, non le mura del re Aceste. Costei io ora lascio ignara di questo pericolo, qualunque (sia) e non salutata: la notte e la tua destra (sia) testimone, perché non potrei sostenere le lacrime della madre. Ma tu, prego, consola la povera e soccorri l'abbandonata. 290 Lascia che io porti questa speranza di te, andrò più audace contro tutti i casi." Colpita la mente, tutti i Dardanidi sparsero lacrime, prima di tutti il bello Iulo, e l'immagine dell'amore del padre (gli) strinse il cuore. Poi così parla: 295 " Ripromettiti tutto degno delle tue grandi imprese. Infatti costei mi sarà madre ed il solo nome di Creusa le mancherà, né un tale parto resta un merito piccolo. Qualunque evenienza seguirà il fatto, questa mia persona giuro, per la quale prima soleva il padre: 300 quello che prometto a te reduce ed alla fortuna propizia queste stesse cose si manterranno per la tua madre e la stirpe." Così disse piangendo; tolse dalla spalla la spada dorata, che Licaone di Cnosso aveva fatto con arte e l'aveva adattata agevole ad un fodero d'avorio. 305 Mnesteo dà a Niso la pelle e le spoglie d'un ispido leone, il fido Alete scambia l'elmo. Subito avanzano armati; e mentre vanno alle porte tutta la schiera dei primi, dei giovani e degli anziani, li accompagna di auguri. E pure il bello Iulo, 310 che aveva un coraggio ed un attenzione virile più degli anni, dava molte incombenze da portare al padre; la i venti strappano tutto e l'offrono inutile ale nubi.
LA STRAGE NOTTURNA (9.314-366) Usciti superano i fossati e per l'ombra della notte si dirigono all'accampamenot nemico, tuttavia prima destinati 315 ad essere di rovina per molti. Qua e là nell'erba vedono giacere corpi vinti dal sonno e dal vino, cocchi alzati sul lido, uomini tra redini e ruote, insieme armi, vini insieme. Per primo l'Irtacide così parlando con la bocca: "Euriale, bisogna osare con la destra: ora la realtà stessa chiama. 320 Di qua è la strada. Tu, perché un manipolo non possa alzarsi per noi alle spalle, sta' in guardia e da lontano fa' attenzione; io darò queste rovine e ti guiderò per largo sentiero." Così commenta ed abbassa la voce, insieme assale con la spada il superbo Ramnete, che allora sdraiato su alti 325 tappeti da tutto il petto soffiava il sonno, re lui stesso e graditissimo augure del re Turno, ma con l'augurio non potè allontanare la rovina. Vicino tre servitori giacenti fortuitamente tra le armi, sopprime l'armigero di Remo e raggiunto l'auriga sotto 330 gli stessi cavalli taglia col ferro i colli pendenti. Poi toglie allo stesso padrone la testa e lascia il tronco singhiozzante di sangue; la terra intiepidita dalla nera strage ed i giacigli s'inzuppano. Ancora Lamiro,Lamo ed il giovane Serrano, che in quella notte aveva giocato 335 Moltissimo, bello d'aspetto, e giaceva vinto le membra da molto dio; fortunato continuamente avesse eguagliato quel gioco alla notte e l'avesse protratto fino alla luce: come un leone digiuno terrorizzando per i pieni ovili infatti lo sprona una pazza fame e sbrana e strascina 340 il tenero gregge e muto di paura, rugge con la bocca sanguinante. Non minore la strage di Eurialo; eccitato anche lui impazza e (uccide) molta plebe nel mezzo senza nome, e Fado ed Erbeso affronta e Reto ed Abari, ignari; Reto che vegliava e vedeva tutto, 345 ma temendo si copriva dietro un grande cratere. A lui in pieno petto gli nascose tutta la spada completamente mentre s'alzava e lo ricevette con molta morte. Quello vomita la vita purpurea e morendo rigetta vini misti a sangue, questo incalza furioso con la rapina. 350 Ormai si volgeva ai compagni di Messapo; li vedeva l'ultimo fuoco svanire ed i cavalli legati con cura brucare l'erba, quando brevemente Niso così, sentì infatti esser preso da troppa strage e passione, "Smettiamo, disse, la luce nemica s'avvicina. 355 si è compiuto abbastanza di vendette, tra i nemici la via è fatta." Lasciano molte armi di uomini lavorate in puro argento insieme a creteri e bei tappeti. Eurialo (lascia) le falere di Ramnete e le cinture d'oro con borchie, che un tempo inviò come doni a Remulo 360 di Tivoli, il ricchissimo Cedico, alleandosi pur assente con l'ospitalità; egli morendo lo dà da possedere a suo nipote; dopo la morte i Rutuli in guerra ed in battaglia se ne impadronirono: queste le afferra e le adatta alle spalle inutilmente forti. Allora vestì l'agevole elmo di Messapo e decorato di creste. Escono dall'accampamento e cercano il sicuro.
LA MORTE DI EURIALO E NISO (9.367-449) Intanto i cavalieri inviati avanti dalla città latina, mentre il resto della legione si ferma schierata, marciavano e portavano al re Turno le risposte, in trecento, tutti con scudo, sotto la guida di Volcente. 370 Ormai s'avvicinavano al campo ed arrivavano alle mura quando vedon costoro che girano sul sentiero a sinistra, e l'elmo nell'ombra incerta della notte tradì l'immemore Eurialo e di fronte risplendette di raggi. Non impunemente si vide. Dalla schiera Volcente grida: 375 "Fermate, uomini. Quale motivo di viaggio? O chi siete con armi? Dove volgete il cammino?" Nulla essi davano in risposta, ma affrettavan la fuga nelle selve e s'affidavan alla notte. Si lanciano i cavalieri alle note biforcazioni di qua e di là, e attorniano ogni accesso di guardie. 380 Fu una selva irta attorno di rovi e di nera elce, che da ogni parte dense spine riempivano; un rado sentiero luccicava per nascosti passaggi. Le tenebre dei rami e la pesante preda bloccano Eurialo e il timore sulla direzione delle vie lo inganna. 385 Niso se ne va; e già senza pensare aveva superato i nemici ed i luoghi che poi son detti Albani dal nome di Alba, allora il re Latino aveva grandi stalle, come si fermò ed invano guardò all'amico assente: "Eurialo infelice, in che direzione t'ho lasciato? 390 Dove seguirti, rifacendo di nuovo tutto l'ntricato percorso della ingannevole selva?" Nello stesso tempo scruta a ritroso le orme stampate ed erra tra rovi silenti. Sente i cavalli, sente gli strepiti ed i segnali degli inseguitori; e non molto tempo nel mezzo, quando giunge un grido 395 alle orecchie e vede Eurialo, ma ormai tutta la schiera per l'inganno del luogo e della notte, agitandosi un improvviso scompiglio, lo afferra sorpreso e divincolandosi tantissimo invano. Che fare? Con quale forza, con queli armi osare strappare il giovane? O buttarsi a morire in mezzo alle spade 400 ed affrettare una bella morte tra i colpi? Piuttosto rapidamente alzato il braccio brandisce la lancia guardando all'alta Luna e così prega con la voce: " Tu, dea, tu presente soccorri la nostra impresa, splendore deglia astri e latonia custode dei boschi. 405 Se mai mio padre Irtaco per me offrì qualche dono davanti ai tuoi altari, se io stesso li aumentai con le mie cacce o li sospesi alla cupola o li fissai ai sacri frontoni, lascia che io sconvolga questa schiera e guida le armi nell'aria." Aveva detto e tesosi con tutto il corpo lancia 410 il ferro. La lancia volando rompe le ombre della notte e giunse nella schiena di Sulmone voltato e lì s'infrange e trapassa le viscere, rotto il legno. Rotola quello vomitando dal petto un caldo fiume, e freddo sbatte i fianchi con lunghi singulti. 415 Da ogni parte guadano. Lui più accanito per questo ecco librava un'altra arma all'altezza dell'orecchio. Mentre trepidano, la lancia va su Tago per entrambe le tempie stridendo e trapassato il cervello s'arrestò intirpidita. Impazza feroce Volcente né vede in alcun posto l'autore 420 del lancio né dove possa buttarsi fremente. "Tu però intanto mi pagherai il fio per entrambi col caldo sangue" disse; insieme sguainata la spada andava contro Eurialo. Allora sì, atterrito, fuor di sé, Niso grida né potè di più celarsi nelle tenebre 425 o sopportare un così garnde dolore. "Me, me, son io che l'ho fatto, antro me volgete il ferro, o Rutuli, mio ogni inganno, niente costui né osò ne potè; invoco a testimoni di ciò il cielo e le stelle coscienti; soltanto amò troppo un amico infelice." 430 Offriva tali parole, ma con forze la spada spinta trapassa le costole e rompe i candidi petti. Rotola Eurialo nella morte, e per le belle membra corre il sangue e la testa rovesciata sulle spalle s'abbandona: come quando un purpureo fiore reciso dall'aratro 435 languisce morente, o sul collo stanco i papaveri abbassarono il capo quando per caso son gravati da pioggia. Ma Niso precipita in mezzo e tra tutti cerca il solo Volcente, sul solo Volcente si ferma. Ma i nemici schierati attorno di qua e di là da vicino 440 lo respingono. Non di meno insiste e ruota la spada fulminea, finchè la nascose nella bocca di fronte del Rutulo urlante e, morente, tolse la vita al nemico. Poi si gettò sopra l'amico esanime, trafitto, e li finalmente riposò di placida morte. 445 Fortunati entrambi. Se i miei versi posson qualcosa, nessun giorno mai vi toglierà da un'epoca memore, fin che la casa d'Enea abiterà l'immobile roccia del Campidoglio el il padre romano terrà il potere.
IL LUTTO DEGLI ENEADI (9.450-472) I Rutuli vincitori impossessatisi delle spoglie 450 portavano nel campo piangendo Volcente esanime. Né minore nel campo il lutto, trovato Ramnete esangue ed in una sola strage uccisi tanti capi, Serrano e Numa. Enorme l'accorrere verso gli stessi corpi e uomini agonizzanti, al luogo fresco di tiepida 455 strage ed a ruscelli spumeggianti di sangue. Riconoscono le spoglie tra loro e l'elmo splendente di Messapo e le falere conquistate con molto sudore. Ed ormai la prima Aurora spargeva le terre di nuova luce lasciando il dorato letto di Titone. 460 Diffusosi già il sole, ricoperte già le cose di luce Turno stesso circondato di armi eccita alle armi gli uomini: spingono le bronzee schiere agli scontri, ognuno i suoi, con varie frasi acuiscono le ire. Addirittura configgono, miserevole alla vista, su lance 465 drizzate e le seguono con grande urlo le stesse teste di Eurialo e Niso. Gli Eneadi forti sulla parte sinistra del muro opposero una squadra poiché la destra è cinta dal fiume, controllano gli enormi fossati estanno mesti 470 sule alti torri; li commuovono i volti degli eroi infilzati troppo noti ai miseri e grondanti di nero sangue.
L'URLO DELLA MADRE DI EURIALO (9.473-524) Intanto la pennuta fama volteggiando per la città sgomenta annun corre messaggera e sfiora le orecchie della madre di Eurialo. Ma improvviso il calore abbandona le ossa, 475 i fusi crollarono dalle mani rotolarono i gomitoli di lana. Vola via l'infelice e con un urlo di donna scilta la chioma, fuor di sé di corsa cerca le mura e le prime schiere, non memore, lei, degli uomini, non lei del pericolo, quindi riempie il cielo di lamenti: 480 "Così io te, Eurialo, vedo? Tu quella pace finale della mia vecchiaia, potesti lasciarmi sola, crudele? Né fu data la possibilità alla misera madre un'ultima volta di parlare a te inviato a così gravi pericoli? Ahi, giaci su terra ignota, come preda data ai cani 485 latini ed agli uccelli. Né io, la madre, preparai te, le tue esequie o chiusi gli occhi o lavai le ferite, coprendo con la veste che per te sollecita giorni e noti affrettavo e con la tela consolavo gli affanni senili. Dove seguirti? O quale terra adesso tiene le braccia e 490 le membra squartate ed il cadavere lacero? Questo di te mi riporti, figlio? Per questo ti ho seguita per terra e per mare? Trafiggetemi, se c'è una pietà, tutte le armi su di me gettatele, o Rutuli, me per prima annientate col ferro; o tu, grande padre degli dei, abbi pietà e con la tua 495 arma scaglia questo capo odioso sotto il Tartaro, poiché non posso diversamente annientare una vita crudele." A questo pianto si sconvolsero gli animi, un mesto gemito corre fra tutti, le forze spezzate sono fiacche per gli scontri. Lei che incendiava pianti l'afferrano Ideo ed Attore 500 su consiglio di Ilioneo e di Iulo piangente a dirotto e tra le braccia la riportono sotto i tetti. Ma la tromba da lontano col bronzo sonoro un terribile squillo echeggiò, segue un grido ed il cielo rimbomba. Creata una testuggine i Volsci s'affrettano insieme 505 e si preparano a riempire i fossati e svellere il vallo; parte cercano un varco e scalare le mura con scale, dove la schiera è rada risalta una cerchia non tanto densa di uomini. I Teucri riversano contro ogni sorta di armi e respingono con dure pertiche, 510 abituati a difender le mura con lunga guerra. Rotolavano fure sassi di peso terrificante, si potessero da qualche parte spezzare la schiera coperta, mentre è dovere sopportare ogni situazione sotto la testuggine. Ma ormai non resistono. Infatti dove il gruppo incalza 515 numeroso, i Teucri rotolano e precipitano un masso gigantesco, che atterrò atorno i Rutuli e rovinò i tetti di armi. Ma i Rutuli audacinon curano più di lottare con Marte cieco, ma s'impegnano a cacciarli dal vallo con proiettili. 520 Da un'altra parte, orribile a vedersi, Mezenzio scuoteva un pino etrusco e porta fuochi fumosi; ma Messapo, domator di cavalli, prole di Nettuo, spacca il vallo e chiede scale contro le mura.
ASPRA BATTAGLIA PRESSO LA TORRE (9.525-589) Voi, o Calliope, prego, ispirate a chi canta 525 quali stragi allora vi (fece) Turno, quali morti produsse, quele uomo ciascuno spedì all'Orco, e con me spiegate le grandi arree di guerra. [lo ricordate infatti, dee, e potete raccontare.] C'era una torre di grande altezza ed enormi ponti, 530 strategica per luogo, che tutti gli Itali con sommi sforzi tentavano di espugnare ed abbattere con somma potenza di mezzi, di contro i Teucri a difenderla con sassi e numerosi per le cave finestre a lanciare armi. Per primo Turno gettò una torcia ardente 535 ed appiccò la fiamma ad un lato, che grandissima per il vento afferrò le tavole e si attaccò alle porte divorate. Turbati dentro trepidavano ed invano volevano la fuga dei mali. Mentre si radunavano e si fermavano dentro nella parte che è priva di rovina, allora per il peso la torre 540 crollò improvvisamente e tutto il cielo rimbomba per il fragore. Semivivi per terra, poiché la grande mole seguiva, giungono trafitti dalle loro armi e trapassati i petti dal duro legno. A stento Elenore solo e Lico sfuggiti; il più giovane di questi Elenore, 545 che la schiava Licimnia furtivamente aveva allevato per il re Meonio ed aveva inviato a Troia con armi proibite, veloce con la nuda spada e non famoso con.il bianco scudo. Egli quando si vide in mezzo alle migliaia di Turno, di qua schiere ed ancora schiere latine sbarrarlo, 550 come belva, che assediata da una fitta cerchia di cacciatori infuria contro le armi e si getta alla morte, non inconscia, e con un salto si porta sopra gli spiedi; non diversamente il giovane si lancia a morire in mezzo ai nemici e si volge dove vede più fitte le armi. 555 Ma molto migliore di piedi Lico raggiunge in fuga le mura sia tra nemici che tra le armi, tenta di afferrare con la mano gli alti tetti e toccare le destre dei compagni. Ma Turno ugualmente seguendolo di corsa e con l'arma vittorioso lo apostrofa così: "Forse sperasti, pazzo, di poter 560 sfuggire le nostre mani?" Subito lo afferra mentre pencola e lo strappa con granparte del muro: come quando (l'aquila) scudiero di Giove con le zampe uncinate librandosi in alto ha sollevato o una lepre o un cigno dal corpo candido o il marzio lupo ha rapito dagli ovili un agnello 565 cercato con molti belati dalla madre. Da ogni parte si alza un grido: irrompono e riempiono il fossato, altri scagliano torce ardenti ai tetti. Ilioneo atterra con un sasso ed un enorme frammento di monte Lucezio che s'avvicinava alla porta e portava fuochi, 570 Ligeri (atterra) Emazione, Asila Corineo, bravo costui nel lancio, l'altro con l'insidiante freccia da lontano, Ceneo Ortigio, Turno Ceneo vincitore, Turno Iti e Clonio, Dioxippo e Promulo, Sagari ed Ida che stava davanti alle altissime torri, 575 Capi Priverno. Prima la lancia di Temilla aveva sfiorato costui, egli, pazzo, gettato lo scudo portò la mano alla ferita; allora un'alata freccia arrivò e si infisse in alto sul fianco sinistro, dentro nascosta ruppe con ferita mortale i passaggi della vita. 580 Stava in belle armi il figlio di Arcente lavorata la clamide con l'ago e splendido di porpora iberica, notevole di aspetto, che il padre Arcente aveva mandato cresciutolo nel bosco di marte attorno al fiume Simeto, dove (c'è) il ricco e benigno altare di Palico: 585 lo stesso Mezenzio, deposte le lance, girò tre volte attorno alla testa, tirata la cinghia, la stridente fionda e , di fronte, gli spaccò in mezzo le tempie col piombo liquefatto e lo stese allungato su molta sabbia.
REMULO UCCISO DA ASCANIO (9.590-637) Si narra che allora per la prima volta in guerra Ascanio, 590 solito prima ad atterrire le timide fiere, scagliò una veloce freccia e rovesciò il forte Numano, che si chiamava anche Remolo, da poco unitosi in matrimonio aveva la sorella minore di Turno. Costui in prima linea vociferando cose degne ed indegne 595 da riferire e gonfio nel petto per il nuovo regno procedeva e si rendeva gigantesco per il vociare: "Non è vergognoso di nuovo in assedio esser protetti da un vallo, Frigi catturati due volte, metter muri davanti alla morte? Ecco quelli che si cercano con la guerra i nostri matrimoni. 600 Quale dio, quale pazzia vi costrinse in Italia? Qui non ci sono gli Atridi ed Ulisse simulatore del dire: razza dura dalla origine fin dall'inizio portiamo i figli ai fiumi e li induriamo col crudele gelo e con le onde; i bambini vegliano a caccia e frequentan le selve, 605 gioco (è) guidare i cavalli e tendere frecce col (arco di) corno. Ma la gioventù resistente ai lavori abituata alla parsimonia doma la terra con rastrelli o scuote le città conla guerra. Ogni età si consuma col ferro, girata la lancia pungoliamo le schiene dei giovenchi, né la tarda vecchiaia 610 debilita le forze dell'animo e muta il vigore: premiamo la canizie con l'elmo, piace sempre radunare fresche prede e vivere di razzia. Voi avete veste dipinta di croco e risplendente porpora, la pigrizia (sta) a cuore, vi piace divertirvi con danze, 615 le tuniche han le maniche e le mitre nastrini. O davvero Frigie, e non proprio Frigi, andate per l'alto Dindimo, dove il flauto dà agli appassionati il doppio canto. I timpani berecinzi della Madre dell'Ida ed i flauto chiama voi; lasciate le armi agli uomini e rinunciate al ferro." 620 Ascanio non sopportò chi a parole si vantava così e proclamava ingiurie, e giratosi, sul nervo equino tese la freccia e tirando le braccia divaricate si fermò, davanti a Giove con voti prega, supplice: "Giove onnipotente, acconsenti alle audaci imprese, 625 io stesso porterò ai tuoi templi doni solenni, e porrò davanti agli altari uno splendente giovenco dalla fronte dorata che già alza la testa con la madre, che gà cozzi col corno e con le zampe sparga l'arena." Sentì ed il padre dalla parte serena del cielo 630 tuonò a sinistra, rimbomba insieme l'arco fatale. La freccia scoccata stridendo orribilmente fuggì e giunse nella testa di Remulo e trapassò le cave tempie. "Va', schernisci il coraggio con parole superbe. I Frigi presi due voltespediscono ai Rutuli queste risposte": 635 Cosi Ascanio (disse) soltanto. I Teucri seguono con un urlo fremon di gioia ed alzano gli animi allle stelle
L'INTERVENTO DI APOLLO (9.638-671) Nella regione eterea per caso Apollo crinito dall'alto vedeva le truppe ausonie e la città sedendo su di una nube, e così parla a Iulo vittorioso: 640 "Evviva il tuo nuovo valore, ragazzo, così si sale alle stelle, generato da dei e destinato a generare dei. Giustamente tutte le guerre venture resteranno sotto il fato di Assaraco, né Troia basta a te." Detto questo dall'alto etere si lancia, muove l'aria che spira 645 e cerca Ascanio; allora si cambia per l'aspetto del volto nel vecchio Bute; costui fu prima armigero al dardanio Anchise e fedele guardia alle soglie; poi il padre lo diede come compagno ad Ascanio. Apollo camminava in tutto simile all'anziano nella voce, colore, 650 bianchi capelli e le armi crudeli nei suoni, e con queste parole si rivolge all'ardente Iulo: "Sia sufficiente, Eneide, aver colpito impunemente Numano con le tue armi. Il grande Apollo ti concede questo primo premio e non ti invidia per le pari armi; 655 per il resto, ragazzo, smetti la guerra." Così espressosi Apollo, a metà del discorso, lasciò le sembianze mortali e svanì dagli occhi lontano nell'aria leggera. I Dardanidi riconobbero il dio e le armi divine e sentirono la faretra risonante nella fuga. 660 Percìò bloccano Ascanio avido di lotta per le parole e la volontà di Febo, essi di nuovo tornano ai duelli e mettono le vite in aperti pericoli. Un grido corre su tutte le mura attraverso i bastioni, tendono i forti archi e lanciano giavellotti. 665 Tutto il suolo è coperto di armi, poi gli scudi ed i cavi elmi per l'urto danno rimbomdo, sorge un'aspra battaglia: quanta pioggia batte la terra venendo dai piovosi Capretti, con quanta grandine i nembi precipitano in molti torrenti, quando Giove spaventoso per gli Austri 670 lancia l'acquosa tempesta e rompe in cielo le cave nubi.
PANDARO E BIZIA (9.672-755) Pandaro e Bizia, nati da Alcanore dell'Ida, che Iera silvestre allevò nel bosco di Giove giovani uguali agli abeti della patria ed ai monti, aprono la porta, che era affidata da un ordine del capo, 675 confidando nelle armi, inoltre invitano il nemico alle mura. Essi dentro a destra e sinistra stan come torri torri armati di ferro e splendenti nelle alte teste di creste: come attorno ai limpidi fiumi sia sulle rive del Po o lungo l'ameno Adige si ergono aeree due querce 680 ed alzano al cielo il capo intonso e ondeggiano con l'altissima cima. I Rutuli irrompono, come vedono le entrate che s'aprono: subito Quercente ed Aquicolo, bello nell'armi, e Tmaro focoso di animo ed il mavorzio Emone 685 con tutte le squadre o sconfitti voltaron le spalle o deposero la vita sulla soglia stessa della porta. Allora di più le ire crescono negli animi discordi, e già i Troiani riuniti si addensano nello stesso posto ed osano venire alle mani ed avanzare più lontano. 690 A condottiero Turno che in un'altra parte infuriava e scompigliava uomini, vien portata la notizia, che il nemico imperversa con nuova strage ed offre le porte aperte. Abbandona l'azione ed incitato da ira tremenda si precipita alla porta dardania ed ai fratelli superbi. 695 E, lanciato un giavelotto, stende per primo Antifate (costui si metteva per primo ), bastardo del grande Sarpedone da madre tebana: il cornio italo vola tra la tenera aria e conficcatosi nello stomaco se ne va nel profondo petto; la caverna della nera ferita getta un'onda 700 spumeggiante, ed il ferro s'intiepidisce nel polmone trapassato. Poi con la mano atterra Merope, Erimanto, poi Afidno, poi Bizia che arde negli occhi e nell'animo freme, non con un dardo, infatti egli non avrebbe dato la vita con un dardo, ma stridendo grandemente venne una violenta falarica lanciata a modo di fulmine, che non sostenne 706 né doppia pelle di toro né la fedele corazza con duplice squama ed oro; le gigantesche membra crollate stramazzano, la terra dà un gemito e l'enorme scudo sopra rimbomba. Tale sul lido euboico di Baia a volte cade 710 una pila di sassi, che prima costruita a grandi mucchi gettano in mare, così quella inclinata trascina il crollo e completamente schiacciata si sdraia sui fondali; i mari si mescolano e le nere sabbie si sollevano, allora l'alta Procida trema al rimbombo ed Ischia, duro 715 letto imposto a Tifeo dai comandi di Giove. Allora Marte potentenelle armi aggiunse vigore e forze ai Latini e mise nel petto acuti sproni, inviò ai Teucri Fuga e Timore. Giungono da ogni parte, poicè è data possibilità di scontro, 720 ed il dio guerriero è penetrato nell'animo. Pandaro, come vede il fratello col corpo crollato ed in quale luogo sia la fortuna, quale casualità guidi le cose, girato il cardine con molta forza spinge la porta sforzandosi con le larghe spalle e la scia molti dei suoi 725 chiusi fuori dalle mura nell'aspra lotta; ma richiude altri con sé e gli accoglie accorrenti, pazzo, da non vedere il re rutulo nel mezzo dello scontro che entrava e da chiuderlo per di più nella città, come una gigantesca tigre tra timidi greggi. 730 Subito una strana luce sfavillò agli occhi e le armi orribilmente risuonarono, tremano in alto le creste sanguinee e dallo scudo irradia fulmini brillanti. Riconoscono l'aspetto nemico e le gigantesche membra. Sibito gli Eneadi si turbarono. Allora l'enorme Pandaro 735 spicca e acceso d'ira per la morte del fratelo afferma: " Non questa (è) la reggia dotale di Amata, né il centro di Ardea protegge Turno con le patrie mura. Vedi un campo nemico, nessuna possibilità di uscire di qui." Sorridendogli Turno, sedato il petto: 740 "Comincia, se qualche valore c'è incuore, ed impugna la destra, anche qui dirai a Priamo aver trovato un Achille." Aveva detto. Egli sforzandosi con sforzi estremi vibra la lancia rozza di nodi e dalla cruda corteccia; la ricevettero le arie, Giunone Saturnia deviò il colpo 745 che arrivava, e la lancia si conficca sulla porta. "Ma non sfuggirai questa arma, che la mia destra lancia con forza, non è lo stesso l'autore del lancio e del colpo." Così disse, e s'alza sulla spada alzata in alto e spacca col ferro in mezzo la fronte fra le due tempie 750 e le guance giovanili con un'immensa ferita. C'è un tonfo, la terra fu scossa dall'enorme peso; morente stende a terra le membra crollate e le armi cruente di cervello, e gli penzolò in parti uguali qua e là la testa da entrambe le spalle. 755
LA STRAGE DI TURNO NEL CAMPO DEI TEUCRI (9.756-777) I Troiani sconvolti scappano con trepida paura, e se subito fosse venuto al vincitore quella idea, rompere le sbarre con la mano ed introdurre i compagni dalle porte, quello sarebbe stato l'ultimo giorno per la guerra ed il popolo. Ma il furore e la voglia pazza di strage lo rese focoso 760 contro gli avversari. Prima prende Faleri e, tagliatogli una gamba, Gige, poi lancia rapide lance nella schiena ai fuggitivi, Giunone prodiga forze e coraggio. Aggiunge Ali come compagno e Fegeo, trafitto lo scudo, 765 poi ignari sulle mura e che chiamavano Marte, Alcandro, Alio, Nemone, Pritani. Linceo che si dirigeva contro e chiamava i compagni, lo colpisce con la spada vibrante puntandosi svelto dall'argine, a questi con un colpo solo, staccata in duello 770 la testa con l'elmo, la scagliò lontano. Poi Amico sterminatore di belve, di cui non un altro più abile ad ungere le frecce con la mano e armare il ferro di veleno, e Clizio eolide e Creteo amico delle Muse, Creteo compagno delle Muse, cui (stavan) sempre a cuore 775 i canti e le cetre e tendere sulle corde i ritmi, sempre cantava i cavalli, le armi e le battaglie degli eroi.
TURNO MESSO IN FUGA DAI CAMPI DEI TEUCRI (9.778-818) Finalmente i capi dei Teucri sentita la strage dei loro si radunano, Mnesteo ed il forte Seresto, vedono i compagni che si sbandano ed il nemico accolto. 780 E Mnesteo: " Dove mai volgete la fuga, dove?" disse. "Quali altre mura, quali bastioni avete più? Un uomo solo e da ogni parte accerchiato, o cittadini, dai vostri argini poterbbe fare tante stragi impunemente per la città? Invierebbe tanti eccellenti tra i giovani all'Orco? 785 Non avete compassione e vi vergognate, vigliacchi, dell'infelice patria, degli antichi dei e del grande Enea?" Accesi così si rafforzano e con schiera serrata si fermano. Turno a poco a poco si ritira dalla mischia e cerca il fiume e la parte che è cinta dall'onda. 790 Per questo più aspramente i Teucri incombevano con grande urlo ed univano la schiera, come una folla quando incalza con armi ostili un crudele leone; Ma lui spaventato, feroce, guardando biecamente, ritorna indietro e l'ira ed il coraggio non tollera di dare le spalle né quello è capace, 795 pur desiderandolo, di avventarsi contro tra armi ed uomini. Non diversamente Turno dubbioso ritrae dietro i passi lenti e il cuore brucia di rabbia. Anzi poi due volte era balzato in mezzo ai nemici, due volte volge in fuga le schiere confuse per le mura; 800 Ma tutto il gruppo dal campo si unisce in fretta insieme né Giunone Saturnia osa dargli forze contro; Giove infatti inviò dal cielo l'aerea Iride che portava non teneri ordini alla sorella, se Turno non si ritiri dalle alte mura dei Teucri. 805 Dunque il giovane né può resistere tanto con lo scudo né la destra ha vigore, lanciati così da ogni parte i dardi è travolto. Il cavo elmo stride continuamente attorno alle tempie con strepito ed i solidi bronzi ed i pennacchi sconvolti cedono dal capo né l'umbone basta per i colpi; 810 sia i Troiani sia lo stesso Mnesteo fulmineo raddoppiano. Allora da tutto il corpo il sudore si scioglie e forma un flusso di pece né ( c'è) possibilità di respirare, un affanno malato scuote le stanche membra. Allora finalmente a capofitto con un salto si buttò nel fiume 815 contutte le armi. Quello col suo gorgo biondo l'accolse mentre giungeva e lo sollevò con le morbide onde e lo restituì lieto ai compagni, lavata la strage. 9.818
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