| TURNO ED IL RE LATINO (12.1-53) Turno come vede che i Latini sbaragliati da Marte avverso son venuti meno, che le sue promesse ora vengon pretese, che è segnato dagli occhi, arde oltre modo implacabile e rialza gli animi. Come nelle terre dei Puni quel leone ferito al petto da una grave ferita dei cacciatori 5 poi finalmente muove le armi, e gode scuotendo sul collo imuscoli chiomati ed impavido spezza l'arma conficcatadel predone efreme con la bocca insanguinata: non diversamente la violenza cresce in Turno acceso. Poi così parla al re e così torbido comincia: 10 "Nessuna incertezza in Turno; non c'è nulla che i vili Eneidi ritrattino, né che rifiutino quello che pattuirono: io attacco. Porta, padre, le sacre offerte ed accogli il patto. O con questa destra manderò il dardanio disertore dell'Asia sotto il Tartaro ( siedano ed osservino i Latini), 15 e da solo vendicherò col ferro l'insulto comune, o ci abbia vinti, Lavinia parta come sposa." A lui rispose Latino con cuore calmato: "O giovane forte di animo, quanto tu eccedi di fiero valore, altrettanto è giusto che io più attentamente 20 decida e valuti temendo tutti i casi. Tu hai il regno del padre Dauno, ha molte città prese con forza , anche Latino ha oro e coraggio; il Lazio ha altre ragazze, anche i campi di Laurento, non disdicevoli per stirpe. Lascia che io chiarisca cose non tenere 25 da dire, tolti i raggiri, ed insieme attingile con questo animo: che io unissi la figlia a nessuno dei pretendenti era possibile, questo lo predicevano tutti, dei ed uomini. Vinto dall'amore di te, vinto dal sangue affine della moglie mesta e dalle lacrime, ho rotto ogni vincolo; 30 al genero strappai la promessa, presi armi empie. Da allora vedi, Turno, quali eventi, quali guerre seguano, quanti gravi affanni tu soffra. Due volti vinti da grande battaglia a stento in città difendiamo le speranze italiche; le correnti tiberine ribollono del nostro 35 sangue ancora e e le enormi campagne biancheggiano di ossa. Dove mi reco tante volte? Quale pazzia cambia la mente? Se, morto Turno, son pronto adunire alleati, perché non tolgo piuttosto i duelli a (te)incolume? Cosa i Rutuli consanguinei, cosa dirà il resto 40 d'Italia, se alla morte ( la sorte smentisca le parole!) avrò tradito te, che chiedevi la figlia e le nostre unioni? Guarda le cose che variano con la guerra, abbi pietà d'un padre anziano, che ora mesto la patria Ardea lontano divide." Niente affatto la violenza di Turno si piega 45 alle parole, eccede di più e medicandola si aggrava. Appena potè parlare, così con la bocca insiste: "L'affetto che porti perme, ti prego, ottimo, di deporlo per me e lascia che si pattuisca la morte in cambio dell'onore. Anche noi, padre, spargiamo armi e ferro non debole 50 con la destra, e dalla nostra ferita sgorga sangue. Lontano gli sarà la dea madre, che copra il fuggitivo con nube femminea e si occulti in vane ombre."
LA REGINA AMATA E TURNO (12.54-80) Ma la rerina atterrita dalla nuovasorte della battaglia piangeva e destinata amorire tratteneva il genero ardente: 55 "Turno, io te per queste lacrime, se l'onore di Amata ti tocca l'animo: tu ora unica speranza, tu riposo per la misera vecchiaia, l'onore ed il potere di Latino dentro di te, in te tutta la casa vacillante si affida. Una sola cosa prego: desisti dal combattere coi Teucri. 60 Qualunque evento attenda tecon questo duello attende anche me, Turno: insieme lascierò queste odiate luci e non vedrò da prigioniera Enea come genero." Lavinia accolse la frase della madre con le lacrime irrigando le guance brucianti, cui moltissimo rossore 65 aggiunse fuoco corse per tutto il viso infiammato. Come se uno violasse avorio indiano con porpora sanguigna, o quando bianchi gligli rosseggiano per l'abbondante rosa mischiata, la ragazza dava tali colori in volto. L'amore lo turba e fissa gli sguardi sulla ragazza; 70 arde per le armi e con poche parole si rivolge ad Amata: "No, ti prego, non accompagnare con lacrime né con così grave augurio me che parto peri duelli del duro Marte, o madre, né Turno (ha) libero blocco della morte. Idmone, come araldo porta queste mie parole che non 75 piaceranno al tiranno frigio. Appena l'aurora di domani in cielo portata da ruote puniche rosseggerà, non spinga i Troiani contro i Rutuli, riposino le armi dei Teucri ed i Rutuli; dirimiamo la guerra col nostro sangue, su quell piana si cerchi Lavinia come sposa. 80
LE ARMI DI TURNO (12.81-112) Come espresse queste parole rapido ritorno nel palazzo, chiede i cavalli e gode vedendoli frementi davanti agli occhi, la stessa Oritìa li diede a Pilunno come vanto, che superassero in candore le nevi, nelle corse i venti. Gli aurighi stanno attorno pronti e con le mani cave 85 massaggiano i petti battuti e pettinano i colli chiomati. Egli poi mette attorno alle spalle la lorica irta d'oro e di bianco ottone, insieme adatta spada ed elmo per adoperarli e le corna della rossa cresta, la spada che lo stesso dio potente col fuoco aveva fatto 90 per il padre Dauno e l'aveva intinta incandescente nell'onda stigia. Poi quella che stava appoggiata ad una gigantesca colonna in mezzo alle stanze con forza la strappa, la potente asta, spoglia dell'aurunco Attore, e la scuote, che vibra, urlando:"Adesso, o asta che mai frustrasti le mie 95 chiamate, ora è il momento: te (già) il grandissimo Attore, te ora stringe la destra di Turno; concedi di stendere il corpo e lacerare con mano potente la corazza spaccata del mezzo uomo frigio e nella polvere sporcare i capelli arricciati col ferro caldo e grondanti di mirra." 100 E' spinto da queste furie, e da tutto il volto sprizzano ardenti scintille, il fuoco brilla negliocchi penetranti, come quandoun toro all'inizio dei duelli manda muggiti terrificanti o prova ad adirarsi nelle corna accanito col tronco d'un albero, provoca i venti con colpi 105 o sparsa la sabbia prelude alla lotta. Né meno bieco nelle armi materne intanto Enea stimola Marte e si eccita di ira, gioendo che si finisca la guerra, offertosi il patto. Poi consola i compagni e la paura del mesto Iulo 110 rivelando i fati, e comanda ad uomini di riferire al re Latino risposte sicure e fissare leggi di pace.
IL CAMPO PRONTO AL DUELLO (12.113-133) Il giorno seguente appena sorto spargeva di lucela sommità dei monti, quando dapprima i cavalli del Sole si alzano sul profondo gorgo ed alzate le froge soffiano la luce: 115 Il campo per il duello sotto le mura della grande città lo preparavano uomini Rutuli e Teucri e nel mezzo focolari ed altari di erba per gli dei comuni. Altri vestiti di grembiale legate le tempie di verbena portavano acqua di fonte e fuoco. 120 Precede l'esercito degli Audonidi, schiere serrate si riversano dalle porte gremite.Di qui tutto l'esercito troiano e tirreno corre con le varie armi, schierati non diversamente che se l'aspra battaglia di Marte chiamasse. Pure in mezzo alle migliaia gli stessi 125 capi volteggiano superbi d'oro e porpora, eMnesteo, stirpe d'Assaraco ed il forte Asila, Messapo domator di cavalli, prole di Nettuno; e quando, dato il segnale, ognuno si ritirò nei propri spazi, conficcano in terra le aste ed appoggian gli scudi. 130 Poi a gara le madri riversatesi meste ed il volgo inerme i vecchi malfermi assediaronole torri d i tetti delle case, altri stanno sulle altissime porte.
GIUNONE E GIUTURNA(12.134-160) Ma Giunone dalla sommità dell'altura, che ora si chiama Albano, (allora il monte non aveva né nome né onore né gloria) 135 osservando guardava il campo ed entrambe le schiere di Laurenti e Troiani e la città di Latino. Improvvisamente così la dea si rivolse alla dea sorella di Turno, che presiede agli stagni ed ai torrenti sonori (questa carica gliela attibuì l'alto re dell'etere 140 Giove in cambio della strappata verginità): "Ninfa, bellezza dei fiumi, graditissima al nostro cuore sai come io t'abbia preferito unica fra tutte quelle latine che salirono l'ingrato letto del magnanimo Giove, e t'abbia collocato volentieri in una parte del cielo: 145 sappii l tuo dolore, Giuturna, non incolparmi. Finchè Fortuna sembrò tollerare e le Parche permettevano che le cose prosperassero per il Lazio, protessi Turno e le tue mura; ora vedo che il giovane corre con fati impari, s'avvicina il giorno delle Parche e la forzanemica. 150 Non posso guardare con gli occhi questa lotta, non i patti. Tu a difesadel fratello se osi qualcosa di più utile, affrettati; va bene. Forse cose migliori seguiranno i miseri." Appena questo, quando Giuturna dagli occhi profonde lacrime e tre e quattro volte percosse conla mano il bel petto. 155 "Non è questo il momento per le lacrime" disse la saturnia Giunone: "affrettati e il fratello, si c'è un modo, strappalo alla morte; Oppure tu provoca le guerre e fai cadere il patto sancito. Promotriceio dell'osare." Così spronatala la lasciò incerta e turbata dalla triste ferita del cuore. 140
L'ALLEANZA FIRMATA (12.161-215) Intanto i re: Latino dalla grande statura è portato su cocchio a quatro cavalli, gli cingono attorno alle tempie splendenti dodici raggi dorati, insegna dell'avo Sole, Turno avanza su cavalli bianchi, brandendo in mano sue dardi di largo ferro, 165 Poi il padre Enea, origine della stirpe romana, ardente con lo scuro sidereo e celesti armi e vicino Ascanio, seconda speranza della grande Roma, escono dai campi, in veste pura il sacerdote ha portato un piccolo di setoloso maiale ed una pecora 170 intonsa ed ha spinto il gruppo agli altari brucianti. Essi rivolti gli occhi al sole nascente offrono conle mani frutta salate esegnano col ferro la cima delle tempie delle bestie, libano con coppe sugli altari. Allora il pio Enea, sguainatala spada, così prega: 175 "Siano ora testimoni a me che prego il sole e questa terra, per la quale potei soffrire così gravi fatiche, e tu padre onnipotente etu Saturnia sposa ormai più propizia, ormai, divina, prego, e tu grande Marte, padre, che guidi tutte le guerre sotto la tua protezione; 180 sorgenti e fiumi invoco, quella santità dell'alto etere e le potenze che sono nell'azzurro mare: se per caso la vittoria toccasse all'ausonio Turno, si decide che i vinti partano per la città di Evandro, Iulo uscirà dai campi, né in seguito gli Eneadi ribelli 185 prenderanno alcuna arma o col ferro provocheranno questi regni. Se invece la vittoria concederà a noi il nostro Marte come piuttosto penso e piuttosto gli dei lo confermino con potenza, non io né comanderò che gli Itali obbediscano ai Teucri né chiedo i regni per me: ambetue invitti i popoli 190 con leggi uguali si uniscano in eterne alleanze. Darò sacrifici e dei; il suocero Latino abbia le armi, il suocero (abbia) solenne potere; per me i Teucri costruiranno mura e Lavinia darà il nome alla città." Così Enea per primo, così poi segue Latino 195 guardando il cielo,e tende la destra alle stelle: "Queste stesse cose, Enea, giuro, terra, mare, stelle, la doppia prole di Latona e Giano bifronte, la forza infernale degli dei ed i sacrari del crudele Dite; ascolti queste cose il padre che col fulmine sanciscele alleanze. 200 Tocco gli altari, chiamo a testimoni i fuochi in mezzo e le divinità. Nessun giorno romperà questa pace per gli Itali né i patti, comunque accadranno le cose; né alcuna violemza smuoverà me consenziente, nemmeno, se rovesciasse la terra nelle onde invadendo con un diluvio e dissolvesse il cielo nel Tartaro, 205 come questo scettro" conla destra infatti reggeva lo scettro, "mai più farà dalla liscia fronda virgulti né ombre, mancando di madreuna volta reciso dal fondo della radice nelle selve e depose le chiome e le braccia per il ferro, un tempo albero, ora la mano dell'arteficel'ha rinchiuso 210 in un bronzo ornato e lo diede a portare ai padri latini." Con tali parole sancivano tra loro i patti in mezzo alla vista dei capi. Poi ritualmente sgozzano sulla fiamma i bestiami consacrati e strappano dalle vive le viscere, e colmano gli altari di ripieni piatti. 215
INTERVENTO DI GIUTURNA CONTRO I PATTI (12.216-243) Ma davvero ai Rutuli quella battaglia sembrava impari da molto e da vario sentimento i cuori erano turbati, poi di più quando li vedono più da vicino non uguali di forze. Turno concorre avanzato con un'andatura tacita e adorando supplichevolmente l'altare, chinato lo sguardo, 220 le guance adolescenti ed in pallore in un corpo giovanile. Appena che la sorella Giuturna vide che crescere il mormorio edi cuori dellla folla dubitanti, in mezzo agli eserciti, dissimulato l'aspetto di Camerte, che aveva dagli antenati una nobile stirpe e la illustre fama 225 del vatore paterno, anche lui fortissimo in armi, si getta nel mezzo degli eserciti non inconsapevole delle cose e semina voci varie e parla così: "Non è vergogna, Rutuli, buttare per tutti questi una sola vita? Non siamo forse per numero e forze 230 uguali? Ecco, sia Troiani sia Arcadi questi ci sono tutti, e la schiera fatale, l'Etruria nemica di Turno: a stento abbiamo un nemico, se attacchiamo alternati. Egli senz'altro salirà per fama ai celesti, ai cui altari si vota, e da vivo sarà portato sulle bocche ( di tutti); 235 noi, perduta la patria, saremo costretti ad obbedire a superbi padroni, noi che pigri ora sediamo sui campi." A tali parole la mentedei giovani si incendiò sempre di più, per le schiere serpeggia un mormorio: si cambiarono gli stessi Laurenti egli stessi Latini. 240 Quelli che speravano ormai il blocco della battaglia e la salvezza negli eventi, ora vogliono le armi e precano inutile il patto e commiserano l'ingiusta sorte di Turno.
LA RIPRESA DELLA BATTAGLIA (12.244-323) A queste Giuturna aggiunge qualcosa di peggio e dall'alto del cielo dà il segnale, di cui nessuno più immediato 245 turbò le menti itale ed ingannò col prodigio. Infatti volando nel rosso etere il fulvo alato di Giove spaventava gli uccelli del lido, una folla risuonante di una schiera volatile, quando sceso sulle onde il malvagio rapisce con gli artigli adunchi uno stupendo cigno. 250 Gli Itali drizzarono i cuori, e tutti gli uccelli al grido cambiano fuga (mirabile a vedersi), oscurano l'eterecon le penne e nell'aria, creatauna nube, cacciano il nemico, finchè vinto dalla fora e dallo stesso peso l'alato s'eclissò e gettò dagli artigli la preda 255 sul fiume e fuggì completamente verso le nubi. Allora davvero i Rutuli salutano con un grido l'augurio spediscono le mani e per primo l'augure Tolumnio "Questo era, questo con voti, disse, quello che spesso chiesi. Accolgo e riconosco gli dei; con me, con me guida prendete 260 il ferro, o miseri, quelli che un malvagio straniero con la guerra atterrisce come uccelli inpotenti e conla forza devasta i vostri lidi. Lui cercherà la fuga e definitivamente darà le vele nel profondo (mare). Voi unanimi infittite le schiere e difendete per voi con la battagia il re strappato." 265 disse, e lanciò l'arma contro i nemici di fronte correndo; l'asta ( di corniolo) stridula dà un sibilo e sicura taglia l'aria. Questo adun tratto, ad un tratto un grande grido e tutte le file sconvolte ed i cuori scaldati dal tumulto. L'asta volando, poiché per caso nove bellissimi corpi di fratelli 270 s'eran schierati contro, li aveva generati tutti la fedele unica sposa tirrena all'arcadio Gilippo, uno di questi a metà, sul ventre dove la cintura intrecciata si consuma e la fibbia morde le giunture dei fianchi, giovane straordinario per bellezza e per le armi splendenti, 275 trapassa nelle costole e lo stramazza sulla rossa sabbia. Mai fratelli, animosa falange edaccesadal lutto, parte sguainano le spadecon le mani, parte afferrano un ferro da lancio e cieci si precipitano. Contro di essi corrono le schiere dei Laurenti, poi di nuovo i Troiani serrati 280 straripano e gli Agillini e gli Arcadi dalle armi dipinte. Così un unico amore di combattere col ferro prende tutti. Spogliarono gli altari, per tutto il cielo passa una tempesta di armi edincombe una pioggia di ferro, travolgono coppe e fuochi. Lo stesso Latino fugge 285 portando gli dei sconfitto dapatto incompiuto. Altri bloccano i cocchi o con un salto lanciano i corpi sui cavalli e son pronti con le spade sguainate. Messapo avido di rompere il patto, atterrisce il tirreno Auleste, re e che porta l'insegna di re, 290 lanciato contro il cavallo; egli cade indietreggiando e misero rotola sugli altari posti alle spalle con la testa e le spalle. Ma furioso Messapo vola con l'asta e col dardo simile a trave, alto di sopra sul cavallo, lo ferisce gravemente, mentre supplica molto, e così parla: 295 "Questo tiene, questa la migliore vittima data ai grandi dei." Gli Itali accorrono e spogliano le membra che son calde. Corineo di fronte strappa dall'altare un tizzone bruciacchiato e ad Ebiso che arriva e sferra una botta ed imbottisce la faccia di fiamme: gli lampeggiò la gigantesca 300 Barba ebruciacchiata diede una puzza. Lui raggiuntolo sopra con la destra afferra la capigliatura del nemico sconvolto e coll ginocchio premuto puntando lo inchioda proprio a terra; così con la rigida spada colpisce il fianco. Podalirio sopraggiunge su Also pastore in prima fila che piombava tra le armi, 305 inseguendolo con la nuda spada; egli calata la scure spacca in mezzo la fronte ad il mento dell'avversario e riga le armi intorno di sangue sparso. Gli pesa sugli occhi una crudele quiete ed un ferreo sonno, le luci son sepolte in una eterna notte. 310 Ma il pio Enea tendeva la destra inerme a capo scoperto e chiamava i suoi con grida: "Dove correte? Quale discordia improvvisa sorge mai? oh, bloccate le ire. Ormai il patto sancito e tutte concordate le leggi. A me il diritto di attaccare, da solo; 315 lasciatemi e togliete le paure. Io farò i patti sicuri con la mano; ormai questi riti sacri mi devono Turno." Traqueste frasi, in mezzo a tali parole acco una alata freccia stridendo striscio sull'eroe, (c'è) incertezza da quale mano spedita, spinta da quale forza, 320 chi abbia portato così grande fama ai Rutuli, se un caso se un dio; la enorme gloria del fatto fu repressa, e nessuno si vantò per la ferita di Enea.
LE IMPRESE DI TURNO (12.324-383) Turno come vide Enea che usciva dalla schiera ed i capi sconvolti, furioso arde d'improvvisa speranza, 325 chiede i cavalli ed in sieme le armi, con un balzo splende superbo sul cocchio e con le mani maneggia le redini. Volteggiando dà molti forti corpi di eroi alla morte. Rotola molti semimorti: o col cocchio atterra schiere o scaglia aste strappate ai fuggenti. 330 Come quando il sanguinario Marte eccitato presso i fiumi del gelido Ebro strepita con lo scudo e muovendo le guerre lancia i cavalli furenti, essi nella piana aperta volano davanti ai Noti e Zefiro, la Tracia estrema geme al battere dei piedi ed attorno i volti della nera Paura, 335 le Ire, le Insidie, compagnia del dio, si muovono: così Turno veloce tre gli scontri battei cavalli fumanti di sudore, esultando miserevolmente sui nemici uccisi; il rapido zoccolo sparge sprizzi di sangue ed il sangue con mista sabbia è pestato. 340 Ormai ha dato alla morteStenelo, Tamiro, Folo questo e quello affrontatili, l'altro da lontano; da lontano entrambi gli Imbrasidi, Glauco e Lade, che lo stesso Imbraso aveva allevato in Licia ed aveva munito di uguali armi o a venir alle mani o a cavallo a superare i venti. 345 Da un'altra parteEumede si reca in mezzo agli scontri, prole famosa in guerra dell'antico Dolone, riprendendo col nome l'avo, ed il padre col coraggio e le mani, quello che un tempo, per andare come spia nel campo dei Danai, osò chiedere come premio per sé icocchi del Pelide; 350 il Tidide lo trattò con un'altra paga per tali Imprese né aspira ai cavalli di Achille. Come da lontano lo vide Turno in campo aperto, inseguitolo prima con freccia leggera per lungo spazio ferma i cavalli aggiogati e salta giù dal cocchio 355 e sopraggiunge sul semivivo caduto e col piede calcato il collo strappa la spada dalla destra e la affonda splendente in fonfo alla gola ed inoltre aggiunge queste cose: "Ecco i campi e l'Eesperia, che cercasti, Troiano, misurala giacendo: riportano questi premi, quelli che hanno 360 osato sfidarmi col ferro, così fondano le mura." Gli spediscecome compagno Absite, lanciatagli un'asta, e Cloreo, Sibari, Dareta e Tersiloco e Timete caduto dal collo del cavallo imbizzarrito. E come quando il soffio di Borea etonio fischia 365 sull'alto Egeo ed il flutto raggiunge i lidi, dove i venti si sono abbattuti, mettono in fuga le nubi dal cielo: cosi le schiere cedono a Turno, dovunque tagli la via, e le linee corrono indietro; l'impeto lo porta e l'aria scuote la cresta volante, mossosi contro il cocchio . 370 Fegeo non tollerò lui che incalzava e fremeva di rabbia, si oppose al cocchio e deviò per le briglie con la destra i musi spumeggianti dei cavalli spronati. Mentre vien trascinato e pende dalla biga, la larga lancia lo raggiunge scoperto e conficcatasi rompe la corazza 375 intessuta ed assapora con una ferita la superficie del corpo. Egli però voltatosi ed opposto lo scudo andava contro il nemico e sguainato il pugnale cercava aiuto, quando la ruota lo buttò a capofitto e risucchiato dalla corsa dell'asse e lo riversa al suolo, Turno raggiuntolo 380 tra l'estremità dell'elmo ed i bordi della sommità della corazza mozzò con la spada la testa e lasciò il tronco alla sabbia.
ENEA GUARITO DALLA MADRE VENERE (12.383-440) Ma mentre Turno vincitore sul campo dà quelle morti, Mneste intanto ed il fedele Acate ed Ascanio come compagno collocarono nell'accampamento Enea insanguinato 385 che appoggiava alla lunga lancia i passi uno dopo l'altro. E' furioso e tenta, spezzata la canna, di strappare la punta e chiede la via, quella più vicina, al rimedio: taglino con larga spada la ferita ed allarghino in profondità il covo dell'arma, e lo rimandino alle guerre. 390 Già era vicino amato più degli altri da Febo Iapige iaside, cui un tempo preso da acuto amore lui stesso Apollo lieto dava le sue arti, i suoi doni, la divinazione, la cetra e le veloci frecce. Egli, per prolungare i fati del padre stremato, 395 preferì i poteri delle erbee la capacità di guarire e svolgere senza gloria le mute arti. Stava ritto Enea fremendo acerbamente appoggiato sulla enorme asta con la grande agitazione dei giovani e dell'afflitto Iulo, imperturbabile alle lacrime. Egli anziano, succinto, 400 gettata indietro la vestealla maniera peonia s'affanna molto con mano medica e le potenti erbe di Febo inutilmente, inutilmente smuove con la destra la punta e cerca d'afferrareilferro con pinza tenace. Fortuna per nulla favorisce la via, per niente il maestro Apollo 405 interviene, e sul campo un brivido terribile cresce sempre più e la disfatta è più vicina. Ormai vedono il cielo esser immobile per la polvere: icavalieri avanzano e fitte frecce cadono in mezzo all'accampamento. Un triste grido sale all'etere di giovani che combattono e cadono sotto il crudele Marte. 410 Allora Venere scossa dall'indegno dolore del figlio da madre coglie dall'Ida cretese il dittamo , stelo con adolescenti foglie e frondeggiante di fiore purpureo; quelle erbe non son sconosciute alle capre selvagge, quando frecce volanti si son confitte sul dorso. 415 Questo Venere avvolta la figura in nube nascosta lo portò, medicando la corrente in splendenti bacili lo immerge sciolto di nascosto, sparge salutari pozioni di ambrosia e profumata panacea. Quella linfa scaldò la ferita ignorandolo il vecchio 420 Iapige, ed improvvisamente ogni dolore senz'altro fugge dal corpo, tutto il sangue s'arrestò nella profondità della ferita. Ormai la freccia seguendo la mano senza cosstrizioni salta fuori e nuove forze ritornarono come prima. "Veloci affrettate le armi all'eroe. Perché state fermi?" 425 Iapige grida eperprimo accende gli animi contro il nemico. "Queste cose non vengono da poteri umani, non da una arte maestra, né salvate, Enea, la mia destra: un dio maggiore agisce e rimanda ad opere maggiori." Egli avido di lota aveva chiuso i polpacci nell'oro 430 di qua e di là, odia le esitazioni e scuote l'asta. Dopo che il fianco ha lo scudo pronto e le spalle la corazza, indossate le armi, abbraccia Ascanio e cogliendo attraverso l'elmo un tocco di baci, dice: "Impara, ragazzo, il valore da me ed il vero impegno, 435 la fortuna dagli altri. Ora la mia destra con la guerra ti farà difeso e ti condurrà a grandi premi. Tu fa sempre, quando poi l'eta crescerà matura, di esser memore e, ricordando in cuore gli esempi dei tuoi, ti sproni sia il padre Enea sia lo zio Ettore. 440
IL RITORNO DI ENEA (12.441-467) Come disse queste parole, siportò fuori dalle porte gigantesco scuotendo con la mano un dardo enorme; insieme in schera serrata Anteo e Mnesteo precipitano, abbandonato il campo tutta la folla dilaga. Poi la piana è sconvoltadi cieca polvere e la terra scossa dal battere dei piedi trema. 445 Turno vide dal tumulo di fronte i sopraggiungenti, gli Ausoni videro, ed un gelido tremore corse per il profondo delle ossa, prima di tutti i Latini Giuturna sentì, riconobbe il rimbombo ed atterrita fuggì. Egli vola ed in campo aperto trascina la nera schiera. 450 Come quando un nembo, rottosi il firmamento, avanza in mezzo al mare verso le terre sui miseri, ahi, da lontano ai contadini i presaghi cuori inorridiscono: egli porterà disastri agli alberi e strage ai seminativi, travolgerà tutto d'intorno, prima i venti volano e portano il rimbombo ai lidi: 455 tale il condottiero reteo spinge la schiera contri i nemici di fronte, fitti si stringono, disposti ciascuno in cunei. Timbreo ferisce con la spada il pesante Osiri, Mnesteo Arcezio, Acate stronca Epulone, Gia Ufente; cade lo stesso augure Tolumnio, 460 che per primo aveva scagliato il dardo contro i nemici di fronte. Si alza nel cielo un grido, sconfitti a loro volta i Rutuli voltan le spalle con polverosa polvere per i campi. Ma lui non si degna né di stendere a morte i fuggitivi né insegue quelli che l'affrontano con uguale passo né 465 quelli che recano armi: nella densa caligine indagando ricerca il solo Turno, solo lui richiede al duello.
L'INGANNO DI GIUTURNA (12.468-499) Spaventata in cuore da questa paura la guerriera Giuturna rovescia Metisco, l'auriga di Turno, in mezzo alle briglie e lo lasciò lontano caduto dal timone; 470 ella subentra econ le mani piega le ondeggianti redini imitando in tutto, sia voce che corpo ed armi di Metisco. Come quando una rondine nera vola peri grandi palazzi d'un ricco signore e perlustra in volo gli alti atri raccoglindo piccoli bocconi e le esche per i nidi loquaci, 475 ed ora nei portici vuoti, ora attorno agli umidi ristagni stride: simile Giuturna in mezzo ai nemici si porta coi cavalli e volando sul rapido cocchio affronta tutto, ed ora qua ora là mostra il fratello esultante né permette attaccare battaglia, vola lontano fuori via. 480 Non di meno Enea sulla via segue i tortuosi giri, ricerca l'uomo e tra le schiere sconvolte lo chiama a fran voce. Quante volte gettò gli occhi sul nemico e tentò (raggiungere) di corsa la fuga dei cavalli con l'ali ai piedi, altrettante volte Giuturna sviò il cocchio all'opposto. 485 Ahi, che fare? Invano fluttua in una volubile marea, diversi affanni chiamano la mente a cose contrarie. A costui Messapo, poiché nella sinistra portava due flessibili aste munite di ferro, rapido nella corsa, una di queste lanciandola la dirige a colpo sicuro. 490 Enea si fermò e si raccolse nelle armi piegandosi sul ginocchio; ma l'asta violenta prese l'alto della punta e scosse in cima la sommità delle creste. Allora sì salgono le ire, costretto dall'insidia, come s'accorse che i cavalli ed il cocchio si portavano fuori starda, 495 invocando molto Giove e gli altari del patto violato ormai finalmente si getta in mezzo e con Marte propizio, terribile, provoca una strage furiosa senza distinzione, fa cadere tutte le redini delle ire.
LE STRAGI DI ENEA E DI TURNO (12.500-553) Quale dio ora, quale mi racconterà col canto tante crudeltà, 500 le diverse stragi e la morte di capi, che su tutto il campo a vicenda ora fa Turno, ora l'eroe Troiano? Forse piacque che si scontrassero, Giove, con così grave sconvolgimento le genti destinate adessere in eterna pace? Enea colpisce un rutulo ( quel primo scontro 505 fermò sul posto i Teucri irrompenti) Sucrone, che resisteva non tanto, al fianco, dove i fati son velocissimi, e fa passare tra le costole e la gabbia del petto la terribile spada. Turno Amico sbalzato da cavallo ed il fratello Diore raggiuntolo, a piedi lo ferisce, con lunga asta, il primo sopraggiungente, 510 il secondo col pugnale, appende al carro le teste dei due mozzate e le porta grondanti di sangue. Egli ne manda alla morte tre in un solo scontro, Talo, Tanai ed il forte Cetego ed il misero Onite, di nome echionio e di stirpe della madre Paridia; 515 questi (ancora) i fratelli inviati dalla Licia e dai campi di Apollo e Manete un giovane che invano odiava le guerre, arcade, che aveva un lavoro attorno ai fiumi della pescosa Lerna ed una povera casa né gli (erano) note le soglie dei potenti, il coltivava su terreno affittato. 520 E come i fuochi appiccati da diverse parti su di una selva arsiccia e virgulti di lauro crepitanti, o quando torrenti spumeggianti con rapida corsa dagli alti monti danno rimbombo e corrono in mare, ognuno devastando il suo corso: non più adagio entrambi 525 Enea e Turno calano in duelli; ora, ora fluttua l'ira dentro, i petti incapaci d'esser vinti esplodono, ora con tutte le forze si va alle ferite. Questi abbatte e rovescia al suolo Murrano, che vantava bisavi ed antichi nomi di avi, una stirpe tutta discesa 530 attraverso i re latini, con una roccia e la forza d'un masso gigantesco; le ruote lo trascinarono sotto le redini ed i gioghi, inoltre lo zoccolo violento dei cavalli memori neppure del padrone coll'incessante colpo lo calpesta. Quello s'imbatte in Illo che freme tremendamente 535 di rabbia e scaglia un dardo sulle tempie dorate: l'asta gli si bloccò nel cervello trapassato attraverso l'elmo. Né la tua destra sottrasse te, Creteo fortissimo trai Grai, a Turno, né i suoi dei protessero Cupenco, arrivando Enea: al ferro offrì in faccia i petti, 540 né al misero giovò il freno dello scudo di bronzo. Te pure, Eolo, videro caderele pianure di Laurento ed attorno coprire con la schiena la terra. Cadi tu che le falangiargive non poterono stendere né Achille distruttore deiregni di Priamo; 545 Qui tu avevi i traguardi della morte, la grande casa sotto l'Ida, la grande casa a Limeso, il sepolcro su suolo laurente. Così tutte si ripresero le schiere e tutti i Latini, tutti i Dardanidi, Mnesteo ed il Forte Seresto Messapo, domator di cavalli ed il forte Asila, 550 la falange dei teucri e le ale arcadi di Evandro, ognuno da sé gli eroi conla massima potenza delle forze; nè indugio né riposo, con vasto duello si scontrano.
L'ASSEDIO DELLA CITTÀ' (12.554-592) Allorala bellissima madre di Enea inviò un'idea ad Enea che andasse alle mura e volgesse subito l'esercito alla città 555 e sconvolgesse i Latini con strage improvvisa. Egli quando ricercando Turno tra le sparse file qua e là portò lo sguardo, vede la città immune da così grave guerra e impunemente quieta. Subito l'immagine d'una battaglia maggiore l'accende: 560 chiama i capi Mnesteo, Sergesto ed il forte Seresto,occupa l'altura dove accorre la legione dei Teucri, né serrati depongono scudi o frecce.Stando in mezzo sull'elevata altura parla: "Non ci sia alcun ritardo ai miei ordini, Giove sta qui, 565 e nessuno mi vada più lento a causa dell'azione improvvisa. La città oggi, causa di guerra, gli stessi regni di Latino, se non dichiarano di accettare il freno ed obbedire da vinti, l'abbatterò e renderò le cime fumanti parial suolo. Dovrei proprio aspettare fin che piaccia a Turno 570 affrontare inostri duelli e voglia affrontarli, da vinto? Questo il punto, o concittadini, questa la somma d'una guerra nefanda. Portate torce velocemente e richiedete il patto con le fiamme." Aveva detto, e tutti insieme con cuori combattenti formano un cuneo e siportano alle mura in serrata unità; 575 subito le scale ed improvviso apparve il fuoco. Alcuni corrono alle porte e trucidano i primi, altri lanciano ferro edoscurano il cielo di armi. Lui, Enea, tra i primi tende la destra sotto le mura, a gran voce accusa Latino e chiama a testimoni 580 gli dei d'esser costretto di nuovo agli scontri, che due volte gli Itali (sono) nemici, questi secondi patti son rotti. Nasce discordia tra i cittadini impauriti: alcuni cordinano di aprire la città e spalancare le porte ai Dardanidi e trascinano subastioni lo stesso re; 585 altri portano armi e s'affrettano a difendere le mura, come quando il pastore ha scovato le api nascoste nel tufo pieno di buchi ed ha riempito di afumo amaro; esse dentro impaurite dal fatto attraveso l'accampamento di cera corrono ed aumentano le ire con grandi ronzii; 590 il nero odore si avvolge nei tetti, allora dentro le pietre risuonano di mormorio cieco, il fumo va all'aria vuota
IL SUICIDIO DELLA REGINA AMATA (12.593-649) Anche questa sciagura accadde agli stanchi Latini, che starvolse dalle fondamenta tuttala città peril lutto. Come la regina osservò il nemico venire alle case, 595 le muraesser assaltate, i fuochi volare sulle case, da nessuna parte schiere rutule contro, nessuna fila di Turno, la misera crede estinto il giovane in uno scontro di lotta esubito turbata nella mente per il dolore si proclama causa e colpa ed inizio dei mali, 600 e, pazza, parlando molto a causa del misero furore destinata a morire si stramma con la mano i vestiti purpurei e come nodo di orribile morte lo lega dall'lta trave. Dopo che le Latine appresero questa perdita, la filia Lavinia per prima con la mano dilaniatasi i biondi 605 capelli e le rosee guance, poi attorno il resto della folla impazza, ipalazzi risuonano ampiamente di lamenti. Di qui la miserabile fama si divulga per tutta la città: le menti vengon meno, Latino va con la veste strappata stravolto per i fati della sposa e la rovina della città, 610 deturpando il bianco capo cosparso di immonda polvere. [Molto si accusa, di non aver accolto prima il Dardanio Enea ed accettato come genero] Intanto il guerriero Turno in fondo alla piana insegue pochi sbandati ormai piuttosto lento ed 615 ormai sempre meno lieto della corsa dei cavalli. L'aria gli portò quel grido misto di ciechi terrori ed il suono della città confusa ed il non lieto mormorio colpì le orecchie tese. "Ahimè! Perché le mura son turbate da così grave lutto? 620 o quale così grande grido piomba dalla città distante? Così disse, e tirate le redini si fermò fuori di sé. M a lui, poiché la sorella trasformata nell'aspetto dell'auriga Metisco guidava il cocchio, i cavalli, le redini, si rivolse con tali parole: "Di qua, Turno, seguiamo 625 i Troiugeni dove la prima vittoriaaprela via; ci sono altri che possono difendere col braccio le case. Eneaincalza gli Itali e suscita scontri, anche noi inviamo aiTeucri le stragi con mano crudele. Né inferiore per numero alla lotta né indietreggerai per onore." 630 Turno in risposta: "O sorella, subito ti riconobbi, quando con astuzia per prima turbasti i patti e ti desti a queste guerre, e adesso non mi inganni come dea. Ma chi volle che tu scesa dall'Olimpo sopportassi cosìtante fatiche? 635 forse per vedere la morte crudele di un misero fratello? Ma che faccio? O Fortuna ormai promette quali cose come salvezza? Io stesso davanti ai miei occhi vidi che mi chiamava con un grido Murrano, di cui non mi resta un altro più caro, da gigante cadere e vinto da gigantesca ferita. 640 Ufente cadde misero pernon vedere il nostro disonore; i Teucri si impadroniscono del corpo e dell armi. Sopporterò forse che si distruggano le case (questo solo è mancato alle cose), né con la destra ribatterò alle parole di Drance? Volterò le spalle e questa terra vedrà Turno che fugge? 645 Fino a che punto è brutto morire? Voi, o Mani, siatemi buoni, poiché oer i celesti la volontà è contraria. Io vita pura e ignara di tale colpa discenderò da voi mai indegno dei grandi avi."
LA NOTIZIA DI SACE (12.650-680) si era appena espresso così: ecco in mezzo ai nemici vola 650 giunto su cavallo spumeggiante Sace, ferito davanti in faccia Da una freccia, si precipita implorando Turno per nome: "Turno, in te l'ultima salvezza, abbi pietà dei tuoi. Enea fulmina conle armi e minaccia di abbattere le sommità delle rocche degli Itali e di darle alla rovina, 655 Ormai le torce volano sui tetti. Su te i Latini fissano gli sguardi, su te gli occhi; lo stesso re Latino è incerto chi chiamare genero o su quali patti piegarsi. Inoltre la regina, di te fedelissima, lei stessa cadde per sua mano ed atterrita fuggì la luce. 660 Soli davanti alle porte Messapo e l'aspro Atina sostengono le schiere. Attorno a costoro da ogni parte stanno falangi serrate e con spade sguainate una messe ferrea sta dritta; tu fai girare il cocchio in un prato deserto." Stupì Turno confuso dalla varia immagine delle cose 665 e stette con tacita sguardo; brucia enorme in un unico cuore vergogna e pazzia con unito lutto edun amore agitato da furie ed un cosciente valore. Appena le ombre furon caccate e la lucefi restituita alla mente, girò le ardenti orbite degli occhi alle mura 670 turbato e conle ruote si volsealla grande città. Ecco dunque tra gli assito avvolto da fiamme un vortice ondeggiava al cielo e teneva la torre, la torre che lui stesso aveva innalzato con travi compatte, aveva applicato le ruote e costruito alti ponti. 675 "Ormai, ormai i fati, sorella, vincono, smetti di frenare; dove il dio o dove la dura Fortuna chiami, seguiamo. E' deciso il battersi in lottacon Enea, è deciso, qualunque cosa ci sia di doloroso, patirecon la morte, né mi vdrai più, sorella, vigliacco. Lascia, ti prego, che io prima renda furioso questo furore. 680
IL DUELLO DI ENEA E TURNO (12.681-727) Disse, e dal carro fece un salto sui campi velocemente e tra i nemici, tra le armi corre elascia la mesta sorella e con rapida corsa spezza in mezzo le schiere. E come quando un masso dal vertice di un monte 685 piomba a precipizio strappato dal vento, o torbida pioggia lo trascina o il tempo insinuatosi negli anni; il monte si getta a precipizio terribile con grande spinta e susulta sul suolo, travolgendo selve armenti ed uomini con sé: così tra le file spezzate Turno precipita verso le mura della città, dove abbondantissima la terra 690 s'imbeve di sangue sparso e l'aria stride di aste, fa segno con la mano ed isieme comincia a gran voce: "Smettere ormai, Rutuli, e voi bloccate le armi, Latini. Qualunque sia la fortuna, è mia: è più giusto che io da solo per voi paghi il patto e combatta col ferro." 695 Tutti si tolsero di mezzo e diedero spazio. Ma subito il padre Enea, udito il nome di Turno, lascia anche le mura, e lascia le sommità delle rocche tronca tutti gli indugi, rompe tutte le iniziative esultando di letizia ed orribilmente tuonando con le armi: 700 quanto grande l'Athos o quanto l'Erice o quanto lo stesso padre Appannino quando freme con gli elci scintillanti e gioisce per la cima nevosa alzandosi all'aria. Ma ormai i Tutuli a gara edi Troiani e tutti gli Itali volsero gli occhi, e quelli che tenevano le alte mura 705 e quelli che con l'ariete battevano alla base delle mura, posarono le armi dalle spalle. Lo stesso Latino stupisce che giganteschi eroi, nati in diverse parti del mondo, si scontrassero tra loro e combattessero col ferro. Ma quelli, come le piane si aprirono nella distesa libera, 710 con una rapida rincorsa scagliate da lontano le aste, affrontano Martecon scudi e bronzo sonoro. Laterra dà u gemito; allora moltiplicano conle spade fitti colpi, sorte e valore si mesce in una sola cosa. E come quando sulla gigantesca Sila o sulla sommità 715 del Taburno due tori si scontrano con fronti avverse oer ostili duelli, impauriti si son fermati i pastori, tutto il gregge sta muto per la paura, e le giovenche son incerte chi comandi nel bosco, chi seguiranno tutti gli armenti; essi tra loro vibrano ferite con molta forza 720 puntandosi conficcano le corna e lavano con sangue abbondante i colli e le membra, e di gemito tutto il bosco riecheggia: non diversamente il triano Enea ed il Daunio eroe si scontran con gli scudi, enorme frastuono riempiel'etere. Lo stesso Giove equilibrato l'ago sostiene le due 725 bilance ed vi pone i diversi fati dei due, chi l'impresa condanni e dove lamorte si volga col peso.
LA FUGA DI TURNO (12.727-790) Allora schizza ,impunemente credendo, e con tutto il corpo sorge in alto Turno con la spada alzata e colpisce; gridano i troiani ed i trepidi Latini, drizzate (sono) le schieredi entrambi. Ma la perfida spada 730 si spezza e lascia l'ardimentoso nel pieno del colpo, se la fuga non subentrasse in aiuto. Fugge più velocemente di Euro come vide la strana impugnatura e la destra inerme. E' fama che a precipizio, quando saliva sui cavalli appaiati all'inizio degli scontri, lasciata la spada del padre, 735 mentre trepida, avesse afferrato il ferro dell'autiga Metisco; quello alungo, mentre i Teucri volgevano le spalle vaganti, bastò; dopo che si giunse alle vulcanie armi del dio, la punta mortale come ghiaccio friabile si dissolse 740 al colpo, i frammenti risplendono sulla rossa sabbia. Perciò fuor di sé Turno in fuga si dirige nelle piane lontane ed ora qua , poi là intreccia incerti cerchi; ovunque i Teucri han chiuso con una serrata corona e di qui una vasta palude, di là cingono le ardue mura. 745 Né di meno Enea, benchè le ginocchia rallentate a volte dalla frecciata impediscano e rifiutano la corsa, insegue ed assetato incalza col piede il piede del trepido: come se a volte raggiunto un cervo chiuso da un fiume o bloccato dallo spauracchio d' una penna rossastra 750 un cane da caccia pure incalza con latrati; quello però atterrito dall'agguato e dall'alta riva fugge e rifugge per mille vie, ma l'umbro accanito lo coglie a bocca spalancata e quasi ormai lo tiene e simile a chi lo tiene ha scricchiolato con le mascelle ma fu deluso dal morso vuoto; 755 allora si nasce un clamore e le rive ed i laghi riecheggiano attorno e tutto il cielo rimbomba al tumulto. Egli insieme fuggendo grida insieme chiamando tutti e ciascuno per nome e richiede la nota spada. Enea invece minaccia la morte e strage immdiata, 760 se qualcuno s'avvicina e terrorizza i tremanti intimorendo che abbatterà la città e (pur) ferito incombe. Compiono cinque giri di corsa ed altrettanti ne rifanno qua e là; né infatti si cercano premi da poco o da gioc,o ma duellano per la vita ed il sangue di Turno. 765 Per caso qui c'era stato un oleastro sacro a Fauno Dalle foglie amare, un tempo legno venerabile per i marinai, dovesalvati dalle onde solevano attaccare doni al dio laurente ed appenderevesti votive; ma i Teucri senza alcuna distinzione avevan tolta la sacra 770 pianta, per potersi affrontare su libero campo. Qui stava l'asta di Enea, qui l'impeto l'aveva portata , conficcata, e si teneva sulla resistente radice. Si chinò e volle con la mano strappare il ferro Il Dardanide, ed inseguire col dardo chi non poteva 775 Raggiungere di corsa. Allora davvero Turnofuor di sé di paura: "Dauno, ti prego, abbi pietà, disse, e tu ottima Terra trattieni il ferro, se sempre adempii i vostri culti, che invece gli Eneidi con la guerra resero profani." Disse, ma non invocò in voti vuoti la forza del dio. 780 lottando poi a lungo e fermatosi sulla radice resistente con nessuna forza Enea riuscì ad allentare i morsi della pianta. Mentre s'impegna ed insiste, di nuovo cambiatasi nell'aspetto dell'auriga Metisco la dea daunia soccorre il fratello e rende la spada. 785 Venere indignata che questo fosse lecito all'audace ninfa s'avvicinò e dalla profonda radice strappa il dardo. Quelli alteri, rinfrancati per le armi ed il coraggio, l'uno fiducioso nella spada, l'altro furioso e fiero per l'asta, si scontrano ansimanti nei duelli di Marte. 790
GIUNONE RIAPPACIFICATA (12.791-842) Intanto l'onnipotente re dell'Olimpo si rivolge a Giunone che da una rossa nube guardava le lotte: "Quale sarà ormai la fine, consorte? Cosa resta ancora? Sai tu stessa e dichiari di sapere che Enea, divinità patria, è destinato al cielo e dai fati è innalzato alle stelle. 795 Cosa combini? Con quale speranza stai attaccata alle gelide nubi? Fu giusto forse cheun dio sia violato da ferita mortale? O la spada ( cosa potrebbe infatti Giuturna senza di te?) starppata esser restituita a Turno e crescere ai vinti la forza? Smetti ormai finalmente, sii piegata dalle nostre preghiere, 800 Un così grande dolore non ti divori, muta, e le tue preoccupazioni (non ) ritornino spesso tristi per me dal tuo dolce viso. Si è giunti al momento supremo. Hai potuto perseguitare i Troiani per terre o per onde, accendere una guerra orribile, rovinare una casa e combinare le nozze col pianto: 805 proibisco di provare ulteriormente." Così Giove esordì; così la Saturnia in risposta con volto sottomesso: "Poiché questa volontà tua mi (è) nota, o grande Giove, contrariata lasciai e Turno e terre; né ru mi vedresti adesso in una sede aerea, sola, 810 io degna patire cose indegne, ma cinta di fiamme starei sotto la stessa schiera e trascinerei i Teucri in scontri ostili. Giuturna, confesso, l'ho persuasa a soccorrere il misero fratello ed in cambio della vita osassee cose maggiori, l'approvai, tuttavia non a stringere armi, non l'arco; 815 giuro per l'implacabile sorgente della fonte stigia, l'unica formula di giuramento data agli dei celesti. Ora mi ritiro davvero e lascio, dopo averle odiate, le lotte. Ma di questo, che non è tenuto da nessuna legge del fato, per il Lazio ti prego, per la maestà dei tuoi: 820 quando ormai faranno la pace con nozze felici, ( lo sia!), quando ormai uniranno legi e patti, non ordinare che i Latini indigeni mutino il vecchio nome né che diventino Troiani e sian chiamati Teucri o che mutino la lingua o cambino veste. 825 Vi sia il Lazio, vi siano nei secoli i re albani, vi sia la discendenza rmana potente per l'eroismo italo: Troia è caduta, lascia che sia caduta col nome." Alei sorridendo il creatore degli uomini e delle cose: "Sei sorella di Giove ed altra prole di Saturno, 830 tu smuovi così gravi flutti delle ire nel cuore. Ma orsù butta pure il furore inutilmente assunto: do quel che vuoi e mi rimetto vinto e volentieri. Gli Ausoni terranno la lingua patria ed i costumi, il nome sarà come è; i Teucri soltanto misti fisicamente 835 soggiaceranno. Aggiungerò tradizione e riti dei culti farò tutti Latino con una sola lingua. La stipe che mista di sangue ausonio sorgerà di qui, la vedrai salire sopra gli uomini, sopra gli dei per pietà, e nessun popolo celebrerà le tue lodi allo stesso modo." 840 A queste cose Giunone acconsentì ed allietata distolse la mente; intanto se ne andò dal cielo ed abbandonò la nube.
IL PIANTO DI GIUTURNA 12.843-886) Fatte queste cose lo stesso genitore medita altro tra sè e procura di allontanare Giuturna dalle armi del fratello. Si dicono Dire di nome, le pesti gemelle, 845 che la Notte fonda diede con uno stesso unico parto insieme allaTartarea Megera, le legò di uguali spire di serpenti ed aggiunse ali ventose. Queste appaiono sulla soglia al trono di Giove, re inesorabile, ed accrescono la paura ai miseri mortali, 850 se a volte il re degli dei organizza la spaventosa morte e le malattie, o terrorizza le città meritevoli di guerra. Giove inviò una di queste, veloce, dalla sommità dell'etere ed ordinò si imbattesse in Giuturna in presagio: ella vola e si porta sulla terra con celere vortice. 855 Non diversamente una freccia scagliata dal nervo, che il Parto ha lanciato armata del fiele di crudele veleno, il Parto o il Cidone, arma irrimediabile, stridendo oltrepassa le celeri ombre, sconosciuta: così la nata dalla Notte si recò e si diresse sulle terre. 860 Dopo che vede le schiere iliache e le file di Turno, raccoltasi nell'improvviso aspetto di piccolo alato, che a volte su tombe e su tetti deserti tardi, di notte appollaiato nelle ombre canta lugubre, trasformatosi in tale aspetto la peste si porta e riporta 865 sul volto di Turno stridendo e percuote lo scudo con le ali. Uno strano torpore gli snerva di paura le membra, le chiome drizzate di fremito e la voce s'attaccò alla gola. Ma come da lontano riconobbe lo stridore e le ali della Dira, la misera Giuturna si strappa i capelli sciolti 870 con le unghie, da sorella, rovinando il volto ed il petto con pugni: " In cosa adesso, Turno, tua sorella ti può aiutare? O cosa ormai resta a me (pur) tenace? Con quale astuzia bloccarti la luce? Forse mi posso opporre atele mostro? Ormai proprio lascio le schiere. Non atterrite me che temo, 875 uccelli funesti: conosco i battiti delle ali il suono letale, non m'ingannano i superbi ordini del magnanimo Giove. Queste cose in cambio della verginità regala? A che diede una vita eterna? Perché è stata tolta la condizione della morte? Avrei potuto finirecosì grandi adesso dolori 880 certamente e andare tra le ombre come compagna al misero fratello. Immortale io? O qualcosa delle mie (cose) mi saràdolce, fratello, senza di te? O quale terra abbastanza profonda per me s'aprirebbe, e caccerebbe una dea tra i Mani profondi?" Appena sfogatasi coprì il capo col glauco mantello 885 molto gemendo e la dea si nascose nel fiume profondo.
LA MORTE DI TURNO (12.887-952) Enea incombe davanti evibra un dardo gigantesco di legno, e così con furiosa ira parla: "Adesso che indugio è dunque questo? O perché già, Turno, ti ritiri? Bisogna duellare non con la corsa, ma con le armi. 890 Cambiati in tutte le facce eraccogli quanto vali sia con il coraggio che con l'astuzia; decidi di inseguire col volo le alte stelle e nasconderdi chiuso nella cava terra." Egli scuotendo il capo:" Non mi atterriscono le tue furiose parole, feroce; mi atterriscono gli dei e Giove nemico." 895 Né aggiungendo di più osserva un masso gigantesco, un masso antico gigantesco, che a caso giaceva nel campo, posto nel terreno per delimitare litigio per iterreni. A stento in dodici (uomini) scelti l'avrebberoalzato sul capo, quali i corpi di uomini che ora la terra produce; 900 egli, afferratolo, con mano rapida lo scagliava sul nemico alzandosi più alto l'eroe e veloce di corsa. Ma né si riconosce mentre corre né mentre avanza olo alza con la mano o muove il masso enorme; le ginocchia cedono, il samgue gelido si rapprese per il freddo. 905 Allora la pietra stessa dell'eroe lanciato nell'inutile vuoto non superò tutto la distanza né soportò il colpo. E come nei sogni, quando la languida queite di notte ha oppresso gli occhi, sembramo voler invano allungare le avide corse e spossati in mezzo agli sforzi 910 ricadiamo; la lingua non può, le note forze nel corpo non bastano né se voce e parole seguono: così a Turno, con qualunque sforzo cercasse la via, la dea Dira gli nega il successo. Poi nel cuore sensazioni diverse si agitano; guarda i Rutuli e la città, 915 tentenna di paura e teme che l'arma incomba non vede dove si sottragga né per quale via affrontiil nemico, né in alcun luogo il cocchio o la sorella auriga. Sull'esitante Enea vibra l'arma fatale, scelto congli occhi la fortuna con tutto il corpo 920 la scaglia da lontano. Mai così violenti i sassi fremono da una macchina murale né così forti i crepiti rimbombano per un fulmine. Vola l'asta come nero vortice portando la terribile fine ed apre i bordi della corazza ed i cerchi estremi dello scudo dai sette strati; 925 stridendo trapassa a metà del femore. Cade colpito il gigantesco Turno a terra piegato il ginocchio. Sorgono con un gemito i Rutuli e tutto il monte attorno rimbomba e gli alti boschi rimandano l'eco dintorno. Egli umile supplice tentendo gli aocchi e la destra 930 che prega "Certamente l'ho meritato e non maledico" disse; usa la tua sorte. Se ti può toccare un qualche pensiero del misero padre, prego (anche tu hai avuto tale il padre Anchise) abbi pietà della vecchiaia di Dauno e me, sia pure tu preferisca un corpo spogliato della luce, 935 dammi ai miei. Hai vinto e gli Ausoni han visto un vinto tendere le palme; tua è la sposa Lavinia, non andare più oltre con gli odi." Enea stette furioso in armi e volgendo gli occhi frenò la destra; e già quasi la preghiera aveva cominciato a piegarlo 940 esitante, quando apparve sull'alta spalla la misera cintura e brillarono con le note borchie le cinghie di Pallante, un ragazzo, che Turno vintolo con un colpo aveva atterrato e sulle spalle portava l'insegna nemica. Egli, dopo che con gli occhi sopportò i ricordi del crudele 945 dolore e le spoglie, acceso da furie e da ira, terribile: " Forse tu, vestito delle spoglie dei miei mi verresti sottratto? Pallante con questa ferita, Pallante ti immola e prende vendetta dal sangue maledetto." Dicendo questo nasconde il ferro davanti, nel petto 950 furente; ma le membra nel freddo si sciolgono e la vita con un gemito fuggì angosciata nelle ombre.
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